Sviscerato (epilogo)

 

E’ la fratellanza  delle lingue

che rende intollerabili gli sguardi

lame che s’incrociano nel limbo

a ritagliare il buio nella notte

lo scatto delle serrature e porte

chiuse nelle stanze dei bottoni.

 

E’ un imperativo insostenibile

l’obbligo di promuovere se stessi

impervia gara d’apparenza

che fermenta la composta

comunanza ipocrita d’intenti.

 

Il riverbero sociale alimenta

la coesione delle umane genti

coi coltelli affilati per tagliare

corpi e mondi di deboli e paure

i falchi a comandare il bene

e le colombe uccise dall’amore.

 

Come poter dire a voce franta

l’impensabile presente

stare rigonfi sempre a galla

aggrappati al bordo d’immersione

vivere l’invivibile pressione

dei violenti pugnali quotidiani

il delirio che procede al delta nero

nei fiumi di facile aggressione.

 

Come svettare per (bi)sogno

per bellezza per soffio della luna

per ascesi verticale e progressione

di catarsi a issare una bandiera

insostenibile ricordo di purezza

impareggiabile luce della neve

che declina colline ed orizzonti.

 

Negarsi è la resa di materia

l’ultima spiaggia infima scogliera

l’assenza ostinata della carne

per voto d’ estrema resistenza

lo spirito che si fa corpo celeste

la presenza tangibile dell’essere

le mani a stringere l’essenza

anima che divide in due il gheriglio

saturando il vuoto di astinenza

che divora vomitando il mondo.

 

 

Tutto questo spasmodico scavare

sovraespone ad oltranza le radici

rivolgendo il cielo in terra dove

la voce dal margine germoglia

per rinunzia ostinata alla sua orma

fiori dona dai rami della notte.

 

  

Sviscerato poemetto

Soffiano le vostre lingue

sibilanti dentro gli otri

vogliose di foglie da staccare

ai rami alti dell’albero dei frutti

profanare la sagoma del corpo

per spossessamento dell’involto

mal di vuoto che spalanca dentro

spandendo  avverbi  e congiuntivi.

 

Non ci sono più vene nel cervello

né vanesio desiderio d’apparire

di mostrare la lingua umida a leccare

scenari vellutati e piedistalli

non il fianco da prestare

a cataloghi etichette

né targhette da incollare sulla fronte

nel registro del dominio societario

per pretesa ributtante di controllo.

 

E se pure avesse luce un giorno

l’atteso tempo dell’epifania

(ecce formica mondo) nel sogno

ben poco avrebbe vita oltre le scarpe

forse soltanto l’enormità del pianto

che al palato affiora dissanguando

il cuneo che s’incastra lento

a scardinare la poesia e la bocca

aperta esattamente al centro  

della breccia dilatata dello scempio.

 

Direi che sono scorie le parole

per anelito d’eternità sconfitto

in pasto all’iperego dell’autore

nudo verme in terra sillabante

che non bastano tre dita

lanciate verso il sole a velarne il viso

a ricoprire il solco della carne.

Sviscerato opposto

La curiosità è di sapere

spinta santa a cosa eccelsa

l’invenzione la scoperta

l’arco dopo la tempesta

ma non è questo lo scenario

quanto nido incatramato

grumo scarto nembo di travaglio

sensi interminabili sospesi

tra precipizio e rami

dissennati.

 

E ritornate al masso lacerato

insistenti e biechi come spilli

protestate il possesso dell’essenza

coniugando impatti a denudare

e domande inferte come spade.

 

Rostro insano è il vostro succhiare

empio immondo e senza freni

l’apice del sacco cerebrale

forma di midollo scanalato

scavato da tremila buchi

e da millenni di conati.

 

Eppure lo sapete

pulsano di sangue

le parole agli angoli del labbro

se lasciate andare.

Sviscerato seguito

Vorreste voi la donna

quell’essere mai visto

vederla come fosse

divina cosa o mostro

fenomeno da circo

bestia rara.

Vorreste l’epifania del volto

che si nasconde al mondo

per pudore.

Ma il verbo non è ostia

spezzata come il pane sull’altare

non può donare uva oltre misura

versare sangue al corpo e vino

pompare occhi ai seni gonfi

vestiti ai semi bianchi e denti

mostrar la lingua la struttura

i capelli arricciolati l’andatura

il gesticolare a punte mosse

trenta spalle ad ali di farfalla

la forma delle mani piccole

e sfruttate

le unghie minime mai avanti

il giro tondo della bocca

che forma in “o” le labbra

da bambina.

Sviscerato inizio

La polpa che ho già dato

è tanta

è neve carne fuoco

consegna in vita fiato

è sviscerato

tutto quanto posso

e oltre

è amore è morte.

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