Teoria della Sicilia di Manlio Sgalambro

almerighi

Manlio Sgalambro,
filosofo, poeta, paroliere
(1924 – 2014)

Là dove domina l’elemento insulare è impossibile salvarsi. Ogni isola attende impaziente di inabissarsi. Una teoria dell’isola è segnata da questa certezza; un’isola può sempre sparire. Entità talattica, essa si sorregge sui flutti, sull’instabile. Per ogni isola vale la metafora della nave; vi incombe il naufragio. Il sentimento insulare è un oscuro impulso verso l’estinzione. L’angoscia dello stare in un’isola, come modo di vivere, rivela l’impossibilità di sfuggirvi come sentimento primordiale. La volontà di sparire è l’essenza esoterica della Sicilia. Poiché ogni isolano non avrebbe voluto nascere, egli vive come chi non vorrebbe vivere. La storia gli passa accanto con i suoi odiosi rumori. Ma dietro il tumulto dell’apparenza si cela una quiete profonda.
Vanità delle vanità è ogni storia! La presenza della catastrofe nell’anima siciliana si esprime nei suoi ideali vegetali, nel suo tedium storico, fattispecie nel Nirvana.
La Sicilia esiste…

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La sfida del fondamentalismo

articolo di Deborah Mega, tratto dal blog LIMINA MUNDI

Imagine there’s no countries

it isn’t hard to do

nothing to kill or die for

and no religion too

imagine all the people

living life in peace

JOHN LENNON

C’era una volta l’Arabia felix, quella che i Romani immaginavano come un luogo fiabesco perché fertile grazie alle piogge portate dai monsoni, importante crocevia di merci di lusso provenienti dall’India e dall’Estremo Oriente nonchè culla di grandi civiltà. Dopo la predicazione di Maometto, a partire dal VII secolo, gli Arabi costituirono uno Stato in cui potere politico e religioso erano strettamente uniti. Sappiamo infatti che il Corano contiene norme religiose e regole di comportamento, gli stessi califfi erano capi religiosi e allo stesso tempo politici. Dopo la prima guerra mondiale i vari paesi hanno adottato politiche differenti. Kemal Ataturk ad es. in Turchia eliminò il diritto religioso dalla vita amministrativa, dal sistema educativo e giudiziario dando vita in questo modo ad uno stato laico. Da quel momento alcuni stati seguirono l’esempio turco, altri rimasero legati alla tradizione. Negli anni Settanta del secolo scorso, nel mondo arabo si è diffuso il fondamentalismo o integralismo islamico. I fondamentalisti vorrebbero che negli Stati musulmani fossero applicate con rigidità le norme morali, penali, religiose previste dal Corano. Maxime Rodinson, esperto di cultura araba scrive: “Gli integralisti in questo periodo hanno molto successo presso i gruppi più poveri della popolazione che vedono nell’Occidente un nemico che li sfrutta economicamente e impone la sua cultura. continua a leggere qui

I bambini di Terezin

tratto da qui

Mai scenda il silenzio

“La memoria costruisce templi contro la morte. Dio non è che materia filata dai ricordi.”

(In memoria di M.M. e A.M.)

    Il ghetto di Terezin durante la seconda guerra mondiale fu il maggiore campo di concentramento sul territorio della Cecoslovacchia. Fu costruito come campo di passaggio per tutti gli ebrei del cosiddetto “Protettorato di Boemia e Moravia”, istituito dai nazisti dopo l’occupazione della Cecoslovacchia, prima che gli stessi venissero deportati nei campi di sterminio nei territori orientali. Più tardi vi furono deportati anche gli ebrei della Germania, Austria, Olanda e Danimarca. Nel periodo in cui durò il ghetto – dal 24 novembre 1941 fino alla liberazione avvenuta l’8 maggio 1945 – passarono per lo stesso 140.000 prigionieri. Proprio a Terezin perirono circa 35.000 detenuti. Degli 87.000 prigionieri deportati a Est, dopo la guerra fecero ritorno solo 3.097 persone. continua a leggere

La riparazione della poesia

 tratto da qui

da «La riparazione della poesia» di Seamus Heaney

di Margherita Ealla

[…]

uno della ciurma scese a strattoni per la corda
e lottò per disimpigliarla. Niente da fare.
«Non sopporta la nostra vita quaggiù e annegherà»,

disse l’abate, «se non l’aiutiamo noi». Detto fatto,
la barca libera fece vela, e l’uomo risalì
dal meraviglioso come l’aveva visto lui.

[S. Heaney, Veder cose]

.

Questa poesia conclusiva del libro, descrivendo il rapporto del meraviglioso immaginativo che «preme contro la pressione della realtà», ne contiene anche l’inizio, e perciò da essa parto per segnalare questa lettura come importante approfondimento rispetto diversi input e riflessioni che mi sono giunti, fra gli altri, da post recenti, aventi tag di poesia civile, indipendente, poesia e ruolo, o titoli espliciti a richiamare il mercato poetico, o, ancora, post in qualche modo riparatori nel rendere tributo ad un autore (specie se scomparso e scomparso sua sponte).
continua a leggere
   contcontinua  

Il sacrificio di Fukushima

tratto da qui

Il sacrificio di Fukushima

di Marco Rovelli

Connesso di continuo in questi giorni, a seguire gli sviluppi del disastro giapponese. I sensi all’erta, il pericolo che ci minaccia. Una nube, ancora. Una nube che sfugge, inafferrabile, senza riguardo per frontiere e religioni. Incarnazione tangibile (nella sua intangibile numinosità) dell’essenza perversa del capitalismo globale. Poi, nel cuore del disastro, la vicenda dei cinquanta tecnici della Tepco che hanno scelto volontariamente di restare nella centrale di Fukushima a fronteggiare la catastrofe. Che hanno scelto la morte. 

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Prede e predatori

tratto da qui 

Prede e predatori

Racconto tratto da “Pesci, uomini e lupi”  di Daniele Gigli – L’orecchio di Van Gogh, 2005
 

OK, vi insegno a prendere i pesci con le mani ma è necessaria una premessa: saranno ammessi al corso solo coloro che sapranno capire che non c’è ferocia ne’ atrocità nella quotidiana lotta tra prede e predatori e che riusciranno a vedere nei ragazzi del branco selvaggio solo degli animali tra gli animali, guidati unicamente dal loro istinto e per i quali la pesca con le mani aveva il significato di una tecnica di sopravvivenza in un mondo primitivo.
Innanzitutto dimenticatevi di aver ricevuto un’educazione, un’istruzione e svariate fregature che vi hanno insegnato a diffidare e per le quali avete smesso di essere romantici e di credere ai sogni e cercate il vostro io bambino, quello in cui l’istinto ancora la faceva da padrone, l’animale che è in voi per intenderci. 

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L'io onnipotente

tratto da qui

PSICOLOGIA PER ALICE(3) I segni dei tempi

di Valter Binaghi

Credere che l’uomo sia immutabile e con lui le possibilità patologiche, è una grossa ingenuità. Ogni tipo di società è soggetto a rischi peculiari, e presta il fianco ad aggressioni morbose che nascono dai limiti stessi della configurazione sociale, della divisione del lavoro, dei rapporti tra sessi e generazioni, della pressione esercitata sulla famiglia.
E’ sotto gli occhi di tutti la crescita esponenziale di violenze contro le donne (dallo stupro all’omicidio), dietro cui un certo femminismo vorrebbe vedere un rigurgito del maschio-patriarca, frustrato nelle sue aspettative da una femmina sempre più emancipata.
Personalmente questa diagnosi non mi convince affatto, perchè nasce dall’isolamento di un fenomeno patologico (pure increscioso e importante) rispetto ad altre patologie altrettanto conclamate, che rigurdano invece soprattutto le donne del nostro tempo, il che fa pensare a un generale indebolimento dei meccanismi di difesa dell’io, in altre parole ad una crescente fragilità dei soggetti che è trasversale all’appartenenza di genere. continua a leggere

Un io in frantumi

testata

Quale futuro per la nostra identità?
Giorgio Fontana

Un io in frantumi

David Hume, trecento anni fa, proponeva di ridurre l’io a un fascio di sensazioni. Non c’è un’unità di fondo, l’anima è un concetto superfluo, tutto ciò che resta è quanto percepito.
Un’immagine che sembra particolarmente azzeccata per descrivere la giornata di un giornalista, di uno studente e anche di un impiegato dei nostri giorni: praticamente di chiunque.
Mentre scrivo quest’articolo, faccio refresh sulla pagina di Facebook e sul mio account di posta elettronica ogni due minuti. Mi fermo, mi rendo conto di essere al limite della dipendenza, o forse di averlo già superato. Ma chi non lo fa?
In un articolo uscito su "il manifesto" il 18 giugno scorso, Marco Mancassola analizza con cura diversi aspetti della questione. In particolare si sofferma sulla CPA — la Continuous Partial Attention di cui parla Linda Stone, ex manager di Apple. continua a leggere

Eterna presenza

tratto da qui

18 giugno 2010

IN FUGA DALLA RETE. Gli ambigui vantaggi dell’eterna presenza

[un mio articolo comparso su Il Manifesto del 18 giugno 2010]

“C’è da dubitare che uno scrittore con una connessione internet al suo posto di lavoro stia scrivendo un buon libro.” Quando poche settimane fa il quotidiano The Guardian chiese ad alcuni scrittori di fama internazionale di compilare un decalogo con i loro consigli di scrittura, il romanziere americano Jonathan Franzen inserì nel suo decalogo questa norma a difesa della concentrazione. Qualunque scrittore sa quanto sia strategica la battaglia per la concentrazione e in questa battaglia, semplicemente, la rete sta dalla parte del nemico. La rete è informazione, certo, possibilità di eseguire in breve tempo ricerche, di recuperare dati o anche solo di consultare un dizionario online. Ma la rete è soprattutto distrazione. Finestre di chat che sbocciano sullo schermo come fiori di una pianta carnivora, raffiche di email che interrompono il lavoro. Un problema che non solo gli scrittori conoscono bene.
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Quanto amore?

tratto da qui

Le muse sono nubili?

di Roberta Borsani

Le Muse sono tutte nubili. Nessuna di loro ha famiglia. Arte e affetti domestici vivono un difficile rapporto, fatto più di opposizione che di partecipazione. Questo è quello che generalmente si dice. Infatti cresce il numero di individui che, per potersi dedicare interamente all’arte, non mette al mondo figli, non si lega, perfino si separa. Per potersi meglio dedicare alla poesia, alla pittura, alla scrittura…Allora, si conclude, è in aumento il numero degli artisti, e cresce la qualità delle opere?
No, affatto.
Perciò c’è qualcosa che non torna e il rapimento di chi si dice risucchiato dal proprio delirio creativo risulta, di fatto, sterile. Senza cuore, senza nerbo, senza sangue. Era necessaria tanta solitudine dell’anima, tanta rinuncia, per produrre un risultato tanto scialbo? continua a leggere

Il fare che nobilita l'uomo

tratto di qui

IL FARE CHE NOBILITA L’UOMO 

di Roberta Borsani

 

Primo maggio, festa dei lavoratori. Festa di tutti coloro che fondano nel lavoro la consapevolezza del proprio valore politico e sociale. La stima e l’affetto di parenti e amici ci fanno sentire amati per quello che siamo, semplicemente perché “siamo”. Ma il lavoro è la base dell’autostima raggiunta in un contesto comunitario, e fondata non tanto sull’essere ma sul fare. Non a caso la rivoluzione industriale e il sistema capitalistico hanno proceduto in primo luogo, e finché gli è stato possibile, allo smantellamento dei mestieri, con i loro “segreti”. Prima si è distrutta l’arte del lavoro (ridotto, com’è noto, a merce), poi si è decretata la scomparsa del cosiddetto “prodotto di qualità”, in cui il lavoratore si compiaceva come il padre si compiace nel figlio, secondo una sorta di legge naturale. continua a leggere

Sdegno e stasi – La scatola che ci plasma e ci svuota

Li segnalo insieme perchè sono da leggere in relazione: sdegno e riflessione o viceversa.

tratto da qui

Sdegno e stasi

by maebasciutti

"Ora è vero che proprio per le cosidette leggi dell’avanguardia nessuna situazione può essere congelata, nessuno stile innovatore può sopravvivere tanto tempo senza diventare a sua volta accademia, comunque è anche vero che il pericolo in cui l’avanguardia sempre incorre quando tenta di andare avanti è tornare indietro. Di questo pericolo la neoavanguardia italiana è sempre consapevole? La risposta è dubbia.” continua a leggere

tratto da qui

La scatola che ci plasma e ci svuota

di Stefano Guglielmin

Specchio delle brame da tardo impero, piccolo Eliogabalo arbasiniano, che attraversa l’età trista contemporanea, schizzando fuori dalle orbite i propri figli irriconoscenti, pagati bene solo se imbraghettati nel signor sì di regime, la tv italiana, mai come ora, mostra tutto il suo sugo da porcile a condire un bilateralismo catodico, dove la virtù infiamma nelle scoregge seriali – dai pacchettari raiuno ai caini analfabeti, dai tgquattro naziona-populisti ai baccanali linguastici camuffati da talk show – ed il vizio s’incarna nella debolezza troppo umana (Morgan che s’infatua per il miraggio olfattivo, mortificando le vibrisse; Marrazzo che cerca la rima fra le gambe, a Vigna Clara) o nello sberleffo sopraffino, come quando, a La prova del cuoco, Beppe Bigazzi, (ex amministratore delegato della Lanerossi) insegna a cucinare il gatto, strappando l’anima e l’ostia a tutti i buoni della penisola, vicentini compresi. continua a leggere

Vigilia

Un post limpido che profuma di buono, tra i più belli che abbia letto in questi ultimi tempi e in calce al post una bellissima poesia che comincia così:

Dire le ore
che passano, sempre
di più assomiglia ad uscire
di casa quando ancora è buio, ancora
tutti dormono, sentire

l’intero post e poesia qui

La sintesi di una vita

tratto da lapoesiaelospirito

di Vito Mancuso

Nei primi mesi del 1916 Ludwig Wittgenstein, volontario nell’ esercito austriaco, si trovava in Galizia sul fronte orientale col reggimento impegnato a sostenere il più grande attacco nemico, la cosiddetta Offensiva Brusilov. In mezzoa perdite altissime la sua azione dovette essere di un certo rilievo visto che il 1° giugno venne promosso caporale e il 4 decorato al valor militare. Pochi giorni dopo, l’ 11 giugno, colui che diventerà uno dei più grandi logici e filosofi del Novecento, annota sul suo quaderno: «Il senso della vita, cioè il senso del mondo, possiamo chiamarlo Dio. Pregare è pensare al senso della vita». Io penso che per ogni essere umano la vecchiaia sia paragonabile a una trincea della Prima guerra mondiale. Sono finite le cerimonie, le marce, le sfilate, gli inni, le retoriche che fanno da preambolo non solo alla vita militare delle retrovie, ma anche alla vita quotidiana nella gran parte dei suoi momenti. Giunge il momento del redde rationem, il leopardiano «apparir del vero». continua a leggere

Il pianto dell’anima

 tratto da qui

IL FARMACISTA DI AUSCHWITZ di Dieter Schlesak, Garzanti 2006

Il farmacista di Auschwitz

Non dite mai: “Io ho letto i libri di Primo Levi, di questo e quest’altro, io dell’Olocausto so tutto”. Primo perchè certi libri non sono informazioni o storie in più da registrare, ma abissi in cui immergersi per perdere le proprie facili, ideologiche certezze e ritrovare la vita dello spirito. E poi perchè quella frase l’ho detta anch’io, prima di leggere questo libro. E adesso me ne vergogno. Espressioni mirabolanti sulla stupenda letterarietà del testo o sulle autentiche rivelazioni che può darvi, ve le risparmio.
Leggetelo, e basta.

Le memorie del boia

Dottor Fritz Klein di Zeiden: «Quando arrivavano ad Auschwitz dei trasporti, il compito dei medici era di identificare le persone inadatte o inabili al lavoro. Ciò riiguardava anche bambini, vecchi e malati. lo ho visto le camere a gas ad Auschwitz e sapevo che coloro che seleezionavo dovevano finirvidentro. Ma ho sempre agito unicamente in base ai comandi. Tutti i comandi erano impartiti solo oralmente. [ … ] lo non ho mai protestato per il fatto che degli esseri umani fossero spediti nelle camere a gas, benché non fossi d’accordo. Se uno è nell’esercito, non può certo protestare.
Prendere parte a quei défilé di sicuro non era un divertimento, perché sapevo che le persone che selezionavo finivano nelle camere a gas. Le donne rimaste incinte nel lager, e così divenute inabili al lavoro, furono anch’esse selezionate in successive ispezioni».
Klein, condannato a morte a Bergen-Belsen da una corte britannica, fu impiccato il 13 dicembre 1945 a Haameln. La sua ultima foto: in maniche di camicia. Magro e assente. Già morto da vivo. continua a leggere

Dal web scritti scelti di riflessione 7: perchè i poeti sono poveri?

tratto da qui

Perché i poeti sono poveri?

Vi siete mai chiesti perché i poeti sono poveri? Almeno quelli veri…

Mia moglie non butta mai niente, figuriamo i testi scolastici. Un giorno in un armadio polveroso, mettendo a posto, è spuntato un tomo giallognolo senza copertina. All’interno, di traverso, c’era appuntato nome e cognome di mia moglie, nonchè la classe frequentata (3°E) . Un volume bello vissuto di 1241 pagine. Sfogliando inciampo su un intenso pezzo a pag 795, sempre attualissimo nonostante abbia quarant’anni. Un articolo scritto da Domenico Porzio, ripreso dalla rivista Epoca XXI, 1970, dal titolo: perché i poeti sono poveri? (risposta alla domanda di un ragazzo fatta al giornalista).
Vi invito alla lettura, a riflettere, a pensare perché in Italia le cose non cambiano mai.
 
“Io da ragazzo stavo in una strada dove abitava un poeta povero. Viale Mugello, prima della guerra, era ancora periferia di Milano: un viale largo, spartito in tre vie da due aiole d’erba gracile e da due file di platani; un viale breve, con una scuola gialla e poche case, mozzato ai lati dai un binario della ferrovia. continua a leggere

Lo strappo nel cielo

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Lo Strappo nel Cielo from Stefano Meazza on Vimeo.

tratto da qui

La crisi, quindi: condizione di lucidità terribile, che mostra il mondo nella sua nudità e mutezza. Lo “strappo nel cielo di carta” è l’immagine che Pirandello (1904) usa per definire la condizione di Amleto[5]. Egli non si strugge per ciò che avviene nel suo mondo – la morte del padre, il tradimento della madre, l’amore per Ofelia -, bensì s’interroga sulla consistenza stessa di quel mondo. Amleto coglie l’inconsistenza della realtà. L’evento luttuoso ha in ciò soltanto il compito di fare alzare lo sguardo dell’uomo verso quella zona morta della visione, quel buco narrativo nel tessuto dell’essere: pone fine al divertissement, infinita parata di simulazioni che coprono la vistosa fessura. Lo strappo, evento meta-teatrale per un burattino, diventa meta-fisico per l’umano. La medesima immagine evoca Zweig per Tolstòj: “Vi è ora nella sua anima uno strappo, una fessura stretta e nera che l’occhio sconvolto fissa suo malgrado, nel vuoto di questa presenza estranea, fredda, scura, inafferrabile, dietro la nostra vita, calda e gonfia di sangue – l’eterno niente dietro l’effimero.” leggi tutto

Il segreto

tratto da qui

Il segreto

di Marco Belpoliti

“Il segreto sta nel nucleo più interno del potere”, scrive Elias Canetti in Massa e potere. I detentori del potere cercano sempre di vedere a fondo, di scandagliare le intenzioni altrui, senza tuttavia mai lasciare intravedere le proprie. Il segreto è la fonte stessa del potere: c’è chi sa e chi invece ignora. Il potente cerca di conoscere i segreti degli altri, li persegue, li ascolta, li registra, li scheda. Questo è il “segreto offensivo”, contrapposto al “segreto difensivo”, che consiste nel semplice atto di non far conoscere i propri segreti agli altri. Il potente esercita entrambi, mentre gli uomini comuni hanno a disposizione solo quello difensivo o passivo.
Oggi nella società della comunicazione i segreti non sembrano esistere più: tutto è esposto, tutto è visibile, tutto è ascoltabile. Da Facebook a You Tube ogni cosa – sentimenti, antipatie, simpatie, amicizie, frequentazioni, immagini di sé e dei propri cari, viaggi, preferenze, passioni, trasgressioni – è messa continuamente in mostra in una società fondata sulla trasparenza. Non c’è privacy che non possa essere violata, dal conto bancario all’e-mail, dalla scheda sanitaria alla bolletta elettrica. Una società di guardoni e superguardoni, in cui noi tutti finiamo inevitabilmente per essere gli scrutatori degli altri, in cui tutti guardano tutti, e subito registrano. L’unica cosa che sembra far paura è l’anonimato: essere “qualcuno” è una necessità sociale primaria. continua a leggere

Sovversiva è la parola

tratto da qui

II foglio come luogo della sovversione e del bianco

Sovversivo è il foglio su cui la parola crede d’accamparsi; sovversiva è la parola attorno alla quale il foglio dispiega il suo bianco.

Un passo nella neve è sufficiente a scuotere la montagna.

La neve ignora la sabbia. Eppure in tutte e due è il deserto.

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Dal web: scritti scelti di riflessione 3

http://www.nazioneindiana.com/2009/05/16/verso-il-controllo-totale-e-privacy-2009-a-firenze-il-22-23-maggio/

Verso il Controllo Totale

(temi del convegno del 22 e 23  2009 a Firenze e nota sul premio Big Brother Award Italia 2009")

La diffusione dalla Rete nella vita quotidiana e’ accompagnata da una sua manipolazione sia tecnologica che legale che permettera’ di ottenere un media facilmente censurabile e controllabile.

Con gli stessi mezzi e con un consenso impressionante la Rete viene trasformata in un mezzo di intercettazione preventiva di massa.
Il tecnocontrollo sociale ottenibile fa sembrare l’attivita’ delle polizie segrete dei paesi totalitari del passato un lavoretto artigianale ed improvvisato.

In Italia l’art.50 bis del pacchetto sicurezza obblighera’ gli ISP al filtraggio dei contenuti; la censura completa di qualsiasi contenuto scomodo sara’ ottenuta tramite l’estensione della fattispecie dell’apologia di reato. Il Parlamento europeo ha in cantiere attivita’, come il pacchetto Telecom, che elimineranno la neutralita’ della Rete trasformandola nel piu’ controllato e censurabile mezzo di comunicazione della storia dell’umanita’.

Questo avviene nel disinteresse generalizzato verso la difesa della propria ed altrui privacy, evidenziato non solo dalla indifferenza verso una data retention pervasiva ed obbligatoria per legge, ma anche dalla trascuratezza con cui blogger e partecipanti a comunita’ sociali digitali diffondono i loro dati personali in Rete. La passivita’ totale dei cittadini, soprattutto di quelli che vivono quotidianamente in Rete, verso queste iniziative legislative e tecnologiche rende il quadro se possibile ancora piu’ inquietante. Continua a leggere (le diapositive degli interventi sono associate come link ai nomi degli intervenuti)

N.B.

Qui notizie sui vincitori del Premio "Big Brother Award Italia 2009"  che viene assegnato ogni anno a quelle persone, associazioni e tecnologie, che peggio hanno fatto alla privacy degli italiani nell’ultimo anno.

Dal web: scritti scelti di riflessione 2

http://www.nazioneindiana.com/2009/05/27/senza-vergogna/

Senza vergogna

di Marco Belpoliti

La vergogna non c’è più. Quel sentimento che ci suggeriva di provare un turbamento, oppure un senso d’indegnità di fronte alle conseguenze di una nostra frase o azione, che c’induceva a chinare il capo, abbassare gli occhi, evitare lo sguardo dell’altro, di farci piccoli e timorosi, sembra scomparso.
Ho in mente un passo della Tregua di Primo Levi, proprio all’inizio del libro, dove i giovani soldati russi arrivano in vista del Lager, e dall’alto dei loro cavalli osservano lo spettacolo che si offre ai loro sguardi di vincitori: “Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota”.
Levi spiega che la vergogna è il sentimento che lui e i suoi compagni provano dopo le selezioni, oppure ogni volta che assistono ad un oltraggio: la vergogna sentita dal giusto “davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa”.
Da qualche tempo mi domando perché si sia perduto questo sentimento così forte, essenziale, e insieme terribile, come mai abbiamo perso questo guardiano o, come dicono gli psicologi, questo strumento essenziale per la salvaguardia di sé. Oggi la vergogna, ma anche il pudore, non costituisce più un freno al trionfo dell’esibizionismo, al voyeurismo, sia tra la gente comune come nelle classi dirigenti. La perdita di valore della vergogna corrisponde alla idealizzazione del banale e dell’insignificante. Lo sguardo ammirato di molti si rivolge non più a persone di rilievo morale o intellettuale, bensì a uomini e donne modesti, anonimi, assolutamente identici all’uomo della strada o alla donna della porta accanto.  continua a leggere

Dal web: scritti scelti di riflessione 1

http://www.marcoguzzi.it/index.php3?cat=nuove_visioni/visualizza.php

di Marco Guzzi

Gli ultimi tempi
L’identità umana rimessa in gioco

La svolta antropologica come causa profonda della crisi di tutte le identità

Viviamo tutti insieme, in diretta mondiale, e in simultanea, la più grande, la più profonda, la più radicale, e quindi anche la più sconvolgente trasformazione culturale di cui abbiamo memoria storica. Ma ancora non ne siamo pienamente consapevoli, e sembra anzi che facciamo a gara a distrarcene, a far finta di niente, e ad occuparci di particolari più o meno insignificanti.
Attraverso questo straordinario processo metabolico, che è in atto in verità da secoli e che procede negli ultimi decenni con un’accelerazione impressionante, ogni concezione teorica, ogni consuetudine sociale, e ogni prassi consolidata, ma anche ogni struttura istituzionale e forma di aggregazione umana, viene sottoposta ad un travaglio, ad una digestione direi, dopo la quale niente è più come prima. continua a a leggere

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