Gioielli Rubati 249: Grazia Denaro – Leopoldo Attolico – Anna Spissu – Loredana Semantica – Carmine Mangone – Mara Mattavelli – Marco Brogi – Marco Oldmascio.

La poesia viva. Su aMargine i gioielli rubati scelti da Almerighi. C’è anche una mia

almerighi

Variare i tempi del presente
.
Assorta in segreti pensieri
questa sera ho nostalgia dei tuoi silenzi
e del tuo guardarmi sorridente
ai rimbrotti affettuosi
che ti rivolgevo sovente.
.
Tu hai abitato da sempre il mio sentire
era un amarci colmo di parole
che sgorgavano sincere dai nostri cuori.
Col tempo si erse fra noi un muro
e non riuscimmo più a comunicare.
.
Ho tolto la tua foto,
ho dovuto cambiare le parole,
variare i tempi del presente
girandoli al passato.
Il noi non esiste più, ora governa l’io
e s’esalta l’imperfetto.
.
Incontrarti oggi, casualmente
è stato un grande dolore.
Ricordo il pontile
delle nostre passeggiate,
il fantasticare sul nostro futuro
da me tanto desiderato.
.
Ma non eri tu
il tronco portante del mio ramo
e neppure il soggetto
dei miei versi dedicati.
.
di Grazia Denaro, qui:
https://graziadenaro.wordpress.com/2023/05/11/variare-i-tempi-del-presente/
.
*
.
Accade
.
( ……

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Tre poesie di Nina Cassian. Illustrazioni di Loredana Semantica

La poesia di Nina Cassian, disegni miei

LIMINA MUNDI

Tre poesie di Nina Cassian . Illustrazioni di Loredana Semantica, (tecnica digitale, pennino su schermo).

La tentazione

Più vivo di così non sarai mai, te lo prometto.
Per la prima volta vedrai i pori schiudersi
come musi di pesce e potrai ascoltare
il mormorio del sangue nelle gallerie
e sentire la luce scivolarti sulle cornee
come lo strascico di un abito; per la prima volta
avvertirai la gravità pungerti
come una spina nel calcagno
e per l’imperativo delle ali avrai male alle scapole.
Ti prometto di renderti talmente vivo che
la polvere ti assorderà cadendo sopra i mobili,
che le sopracciglie diventeranno due ferite fresche
e ti parrà che i tuoi ricordi inizino
con la creazione del mondo.

Preghiera

Se esisti per davvero – fatti avanti,
sii nuvola, caprone, aviatore,
porta con te occhi, bocca, voce,
– chiedimi qualcosa, lascia che mi sacrifichi,
prendimi tra le braccia, proteggimi,
nutrimi con…

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Il sole viene dopo di Rocco Scotellaro.

Il sole viene dopo (1950)

Sono nate le viole nei tuoi occhi
e una luce viva che prima non era,
se non tornavo quale primavera
accendeva le gemme solitarie?
Vestiti all’alba, amore, l’aria ti accoglie,
il sole viene dopo, tu sei pronta.

Disegno mio. Tecnica digitale pennino su schermo.

Fai dei refusi

Fai dei refusi un labirinto
e infilatici dentro
come se fossi tu stessa
l’ errore principale
il primo venuto al mondo
insanabile irrimediabile
che insulta la perfezione
la contamina la denigra
come la volpe fa con l’uva
scornata d’essere
sempre più lontana
dall’irragiungibile.

TITANiO di Loredana Semantica, Terra d’ulivi 2023. Una lettura di Antonella Pizzo

La lucida e centrata lettura di Antonella Pizzo – che ringrazio – sul mio Titanio.

LIMINA MUNDI

TITANiO

Dopo L’informe amniotico [appunti numerati e qualchepoesia] edito da Limina Mentis edizioni, 2015, opera prima di Loredana Semantica, con prefazioni di Giorgio Bonacini e Rosa Pierno segnalato al premio Lorenzo Montano, esce la nuova raccolta di Loredana Semantica TITANiO edita da Terra d’Ulivi 2023. Il titanio è un elemento metallico conosciuto per la sua resistenza alla corrosione, quasi pari a quella del platino, nonché per il suo alto rapporto tra resistenza e peso. È un metallo leggero, duro ma con bassa densità. Allo stato puro è molto duttile, lucido, di colore bianco metallico.

Il Titanio è il metallo ideale perché porta in sé due qualità opposte e ugualmente importanti, rappresenta l’equilibrio fra due proprietà intrinseche, la leggerezza e la resistenza.

La parola Titano deriva dal latino Titanus. I Titani vengono considerati come le forze primordiali del cosmo, che imperversavano sul mondo prima dell’intervento regolatore e ordinatore degli dei olimpici…

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Fiammelle

Haiku

luci sui rami
gemme che accendono
la primavera


verdi fiammelle
promettono al sole
la trasparenza


tenere foglie
gonfiano il respiro
in leggerezza

Stamattina è entrato

Stamattina è entrato
dalla finestra un calabrone
volava basso zigzagando
poi si è alzato di livello
a un metro e mezzo
all’incirca dal pavimento
puntava dritto su di me
sembrava dovesse darmi
una notizia importante in tutta fretta
o come rinoceronte infuriato
che mi stesse caricando.
A mezzo metro di distanza
eravamo l’uno all’altro di fronte
ci siamo squadrati bene
in faccia a muso duro
per due o tre secondi dialogando
con gli occhi dentro gli occhi
poi io sono arretrata di un passo
pensando ti faccio strada
non voglio cominciare male
la giornata
e lui è volato via
rinunciando.

Le maiuscole sono finite

Dialogo breve tra tra P. e I. di Loredana Semantica (il dialogo è frutto di fantasia, ogni riferimento è puramente…) 

P. Ma come non ti piaccio? Ma se sono bellissima, guardami (fa una piroetta e la gonna di sinuosa variopinta viscosa le si avvolge a ruota attorno alle gambe)
I. No, non mi piaci
P. Ma perché?
I. Perché non sei bella, non abbastanza.
P. Bugiardo, t’ho visto sai, che leggevi rileggevi…e poi mi hai guardato le gambe!
I. E allora? Non significa niente. Controllavo soltanto che stessi in piedi da sola
P. Stare in piedi è poca cosa. Anche camminare lo è ed io non cammino nemmeno. Non lo sai che io volo? Non le vedi le ali?
I. Voli? Ma non mi fare ridere. Vorresti farlo, ci provi. Corri, ansimi, sudi, ma sei lì inchiodata come un cozza allo scoglio, anzi come un’accetta al suo ceppo.
P. Sei un essere strano! Uno che scrive e non ama ciò che scrive non è nella norma. Guarda gli altri. Li vedi? Adorano ciò che scrivono e gli altri adorano loro. È un rimbalzo d’amore. Gli scrittori considerano le proprie scritture come creature, come figli, come se stessi, come arte, come assoluto. Te le devo dire io queste cose?
I. Ma sì, hai ragione, forse una volta, all’inizio, quando ho cominciato a scrivere, e poi per gli anni a seguire, leggendo qualche mia poesia la trovavo bella, la leggevo e rileggevo orgoglioso. Poi pian piano tutte loro sono diventate fredde, distanti, estranee, mi guardano interrogative, come se mi chiedessero qualcosa.
P. E che domande ti fanno?
I. Chi sei? Cosa vuoi? Perché siamo qui? Cosa stai aspettando?
P. Cosa vuoi che accada? Tutto va come sempre.
I. Gira la vita. Raccoglie la morte?
P Adesso non fare il funereo. Guarda piuttosto come sono colorata? Blu, rosso, giallo, verde. Sono un tripudio di colori (altra piroetta, nel verso opposto, altra ruota della gonna sinuosa). Beh, certo, lo sai, mi hai scritta tu, ma qual è il merito!? Scrivono in tanti, e gli altri hanno i sostenitori, gli applausi, gli ammiratori. E tu?
I. E io cosa?
P. Tu cosa vuoi? Non lo vedi che non succede nulla? Non cambia niente, il mondo affonda e tu scrivi poesia. Sei un fallito. Ecco. Un poeta fallito!
I. Hai scoperto l’acqua calda. Non ti avrei nemmeno pensata se avessi quel tanto da fare dei riusciti nella vita.
P. Ingrato e ingiusto. Io cerco di portarti su con me nel volo. E tu sei pessimista. Sai che ti dico. Ti disconosco. Cancello il tuo nome lì ai miei piedi per firma e ce ne metto un altro. Un altro nome. Falso. Falso come te.
I. Ah la pensi così. Adesso guarda che combino e poi vedremo chi avrà la meglio.
P Ehi! Che fai? Mi stai trascinando. Mi fai male, lasciami i capelli! Non toccarmi quel verbo. Oddio gli aggettivi. Mi stai scombinando tutta. Ora ho la gonna tutta stropicciata.
I. Così impari a offendere il grande creatore, cioè io, cioè l’autore.
P Adesso calmati, un attimo di tempo, fammi capire dove mi porti? Che mi vuoi fare?
I. Ti sistemo. Ti metto dentro una raccolta con altri miei scritti di poesia. Vi impacchetto per bene e vi spedisco.
P. Ma perché mi fai questo? Non mi mandare via. Io sono la più bella, la tua preferita. (si volta verso destra). Santo cielo, vicino a chi mi hai messa? Chi è questo a destra?
I. E’ uno scritto sulla superbia.
P. (si volta verso sinistra) E questo a sinistra? E’ giallo di bile, a guardarlo mi fa venire il vomito.
I. Lì parlo di invidia.
P Oh che compagni brutti che mi hai dato. In che mani mi abbandoni? Perché mi accorpi e m’intruppi? Non sono una pedina. Io sono la poesia. P O E S I A. Hai capito?
I. Non c’è da agitarsi. Voglio solo spedirvi tutte a un grosso editore. Uno con le emme maiuscole. Con le O tonde perfette. E le I svettanti a bandiera. Vedrete che splendori. Autori giganteschi. Grandi scrittori. E come finirete bene. Definite. Esitate. Infiocchettate. Sarete in prima fila. Lo saprete prima di tutti. Dei pissi pissi e di me.
P. (piangendo) Ho solo capito che mi stai mandando via, non mi ami, anzi non mi hai mai amato!
I. E te l’ ho detto sin dall’inizio, ma tu, ostinata, non mi hai creduto. Non puoi rimproverarmi nulla. Non ti ho mai dato illusioni.
P. Ma dimmi per te allora io cos’ero? Cosa sono stata?
I. Tu eri la vanità.

Pensami come se fossi

Pensami come se fossi d’oro
e dorati i miei pensieri
domani pensami verde
dell’alluce alla punte delle cime
sono d’alghe e di mare di neve
sono funghi alberi erba a distese
sono leoni zebre fenicotteri
lemuri lumache tartarughe
anche di uomini sono e di donne
tenere e terrene sono dura
violenta di grandine e tifoni
uccido con la pioggia e con la piena
mi vedi sotto i piedi calpestata
e sono sulle alture.

Sono monti
e aspra natura profonde insenature
sprofondo nella crosta delle fosse marine
sono caverne e grotte sabbia del deserto
vento che sradica o solletica
sono gelo assassino e cielo
meraviglioso azzurrino
tramonti di albe rosso rubino
e gialli che riportano all’oro dell’inizio.

È per tutto questo che sono furiosa
ribelle folle vendicativa spietata fino quando
non sarai convinto nel profondo del tuo io
che sono io il tuo più autentico tesoro
tesoro mio.

Magari io dico

Magari io dico
bella la poesia confessionale
e tu rispondi è uno sputtanarsi
oppure buona questa matalotta*
e tu scipida da morire
sentire in modo diverso
non è solo un fatto di gusto
è una forma mentis
la predisposizione di pancia
o testa del momento
il palato più o meno raffinato
e poi subentra l’aggregato sociale.

Ora io so che i salmoni
si formano al contrario
coi muscoli robusti per natura
per risalire la corrente
sgravano e poi si arrendono
credo si lascino andare.

* matalotta è un brodino di pesce
pomodoro aglio capperi

Ricordo quel giorno

Ricordo quel giorno
che in giro per Catania
con l’auto su una rampa
mio padre disse in salita
ma forse scendevamo
qui è dove abitavamo.
Mi guardai intorno
e non c’era nulla solo cumuli
di terra smossa e sciara a massi
che si stagliava nera
contro il bianco di nuvole
a filtrare il sole
dopo averlo tutto coperto
e ferro macerie ringhiere
ma non c’è nulla risposi
e lui di rimando sottovoce
l’hanno demolita ma era qui
la casa dove tu sei nata.
Era serio
la cosa era importante
il primo segno
dello sradicamento.

Le Lettera di Amy Lowell

almerighi

Amy Lowell (1874 – 1925)

Che cosa potete dire della fiammante luna
Trapuntata dalle foglie della quercia?
O della mia finestra senza tende,
E del nudo pavimento al chiaro di luna?
Le vostre sciocche astuzie e i vostri intrighi
Non hanno nulla della florescenza del biancospino.
E questa carta è fragile, muta, liscia, vergine di dolcezza
Sotto la mia mano.

Sono stanca, amore mio, di riscaldare il mio cuore
Contro il tuo volere;
Di spremerlo in macchioline d’inchiostro,
E di spedirlo per posta.
Ed io qui sola, brucio, sotto il fuoco
Della grande luna.

*

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Fidato non esiste

Fidato non esiste. Gli hanno sparato.
Annegato in certe mattine d’afa agostana.
La costa orientale sommersa dalla bava.
Il caldo attaccato alle pale.
Un ventilatore canta disperato. Cola la pelle.
Il respiro ucciso dal trasformatore.
Si attendeva il refrigerio dell’alba.
Nemmeno quello arriva. L’acqua non basta.
Le piante intonano il salmo della sopravvivenza.
Immagino le bestie accucciate
a morire di dissoluzione.
Sole abbandonate come il creato tutto
in attesa di benedizione.

Dovessi descriverlo

Dovessi descriverlo direi
è uno spaccato d’ossa
che si spezza in due e poi
in mille frammenti come coriandoli ricade.

Ricade mentre Erinni scapigliate
rotolano lungo i fianchi del Citerone
dovrei amarla quella bocca
scoperta adesso la chimera
e solo perché lei lo dice bravo
bravissimo davvero.

Una volta invero trovavo affascinante
quel continuo scartare e lo sfoggio
di citazioni erudite e i nomi a caso
ora roba già vista oscura dissociata
intanto il piatto è all in e tutto intero
per lui o un altro è da vedere.

L’Olimpo intanto splende lontano
proprio da un’altra parte
e il mostro Titano è senza pace
gli si rivoltano le viscere sull’antefatto
gronda di sangue il perimetro
come la scena efferata di un delitto
ma è una trasposizione distorta
artefatta una resa alienata
sul torbido urlo della coscieza.

Infine una voce santa
trema al vento e calma
placa il ribollire d’onde
il fremito della terra
e tutto si quieta in te
in Te.

Non distrarti

Non distrarti resta appesa
in quella stessa crocifissione
che ti ha resa strana malata
sfogliata tragica moltiplicata
aggrappata a qualche spigolo pallido
incontrovertibilmente sparigliato
poi ti ha guarita apparentemente
ma ancora ti guarda ti sfiora ti scolora
traspare trapana gonfia s’ingolfa
trapassa ingrassa muggisce
raspa come le unghie d’ un topo
e i graffi sono croste infette
che si ritraggono lentissimamente
lasciando una traccia
rosea dapprima poi biancastra
che spicca indelebile sulla pelle
olivastra mentre l’altra
una qualunque mai vista
ti dice tu l’hai voluto
un istrice

Quel che volevo dirvi

Quel che volevo dirvi
è ciò che vi ho detto
tutto l’esatto imperfetto
del coacervo estratto
dalle profondità insaziate
del magmatico nulla
quel che resta da dire
molto di più del tempo che resta
poche cose di cui sono certa.

Langue il silenzio a vantaggio
del frastuono
tra pudore e vergogna
non si colloca la superbia
tra chiedere e indagare
non abita la discrezione
tra verità e suggestione
cova il mistero
tra invenzione e autentico
gronda la creazione
tra qui e passato la memoria
tra ora e domani la divinazione
tra mani e dolore la poesia.

Il successo non dura
e poi ha un prezzo per alcuni
difficile da accettare
oltre la vita il raccolto
il racconto gli altri
la prosecuzione.

Saltare da qui

Saltare da qui a un altro luogo
è per trapassi dove le linee
incontrano la griglia dei colori
e il corpo la magia dei chiaroscuri
prendono vita forma spessore
nell’impasto che si ripete ancora
imperfetto per sole masse
di spostamento infinitesimali.

È nel millimetro il segreto
nel suo posizionamento sporco
o esatto incerto più spesso
negli infiniti tentativi
di rendere l’impressione fino
all’esaurimento della volontà
al punto dell’ora basta
oltre non posso.

(Scrivere è lo stesso)

Ho un pugno

Ho un pugno d’immagini
e un pugno di dolore
con questo grumo
ho intessuto la trama
bussato a cento porte schiuse
acceso trecento candele
curato indifesi esserini
posto un rimedio ovattato
al nero cernito sbiancato
scansato secche vipere ortiche
in conto all’abbandono
ho coltivato tenerezza infinita
stupita gratitudine
cresciuti figli a pazienza
in lamine e fiocchi
tra orizzonti di bruma
e schiarite.

Alcuni pensano

Alcuni pensano che tu sia più di quel che sei
altri vorrebbero che fossi meno
di quel che credi di essere
e ti arrendessi per questo alla moderazione
nello spirito dell’agnizione.

Maschera tra le maschere il poeta affonda
nell’identità che sa di non possedere
disegnando la sagoma del nulla
edificando il proprio non sapere.

La coscienza è un’opzione
costruita sulle spoglie dell’assassinio.

Scrivo

Scrivo e quando scrivo peso
e questo peso si sviluppa
tutto dentro la bocca
e quanto scrivo pesa
come magnifica bestia
fin dentro gli occhi e le nocche
e trascina lontano o avvicina
tanto quanto il peso che trasporta
dall’alto in basso da destra a sinistra
roteano per la tracolla
borse sporte bisacce
e sono pietre innumerevoli
che lancia lascia trabocca
lievita d’enzima e tocca
stravolto il petto denudato
di ferite intarsiato dell’altro
che dice a sua volta e sono
pesi altrettanti di risposta.

Oggi dopo tanto vagare

Oggi dopo tanto vagare
ho visto il sole
carezzevole luce dalla quale
farsi baciare.

Venivo dall’ombra
nella quale per giorni
ho mosso polvere e libri
scope spazzole e stracci
respirando alcool ammoniaca
e altri prodotti per la fatica
insulsa del pulire.

Scartando anni di opuscoli
mappe agende calendari
stampe e scritti manuali
destinandoli al macero
della differenziata
ho pensato che il rifiuto uccide.

L’immondizia intendo
non meno della negazione
l’una per saturazione planetaria
l’altra similmente
per la misura colma
di sopportazione interiore.

Dove sia la spaccatura

Dove sia la spaccatura mi chiedo
e questo farsi massa dai contorni
indefiniti che sconta
la considerazione non richiesta
il ripristino durevole di un ambito
a rimedio della dispersione precedente
nociva forse devastante
applicata insensatamente
come la scure che cala
a tranciare i rami secchi
le mani che spingono il secchio
scaricando il bambino e insieme
l’acqua sporca.

È un trauma vedere
le vostre vere facce col trucco i capelli
il sorriso di rito il preciso colorito
non era invero richiesto neanche questo
eppure è qui ne prendo atto e lo sorbisco
ricevendone come un insulto
e per l’effetto di un pugno un ritrarsi
più in fondo della solita soglia
già così tanto arretrata
da potersi dire profonda
come un utero gravido una pancia
l’antro che accoglie e che nasconde.

Sembra che anneghiate
nelle vostre stesse foto
nel tentare di mantenere una parvenza
di relazione sociale
ma non c’è e neanche prima c’era
condivisione reale
tutto è farsa palcoscenico vitale
siamo deperibili merce scaduta
passeggeri come un canto una nuvola
i fiori appassiti del vaso sul tavolo.

L’avvento degli accadimenti
ci sopravanza e noi che ci crediamo
importanti gloriosi innumerevoli
e se anche non lo siamo adesso
speriamo d’esserlo ciascuno per se stesso
e nell’insieme per la specie
a volte ci pieghiamo flagellati
le ginocchia a terra emettendo il fiato
sperimentando l’infinita debolezza
ascoltando l’ululato di sirene
che sappiamo essere qui per noi
per la nostra salvezza imbracata
da tubi vaccini mascherine
stupiti di non essere liberi
convinti che prima lo fossimo
quando invece non lo eravamo
più di adesso che imprigionati
ci guardiamo dentro
che tocchiamo il fondo
che testiamo la capacità
di restare in apnea fermi
come pesci in un acquario
le pinne in debole moto rotatorio
chiedendo aria per le branchie
spazio per le gambe
piangendo costrizioni sperando
nella rivoluzione.

Riemergeremo
alcuni risanati nello spirito
liberi dagli abissi e deviazioni
autenticamente vivi
come anguille d’acque limpide
altri invece sopraffatti
dal senso di mancamento
non avranno speranze
non dimenticheranno
e saranno dimenticati.

La poesia cresce

La poesia cresce per strada
vicino alle favole ha papaveri
che parlano la lingua degli uomini.

Nessuno s’illuda di custodirla
nessuno la possiede interamente
qualcuno vi immerge un braccio
altri una mano altri ancora
vi annegano dentro
ma dalla bocca escono solo
bolle di sapone.

Grazie dirò per tutto

Grazie dirò per tutto
per le notti d’estate e lucciole
averle viste una volta almeno
con l’addome di luce intermittente
sorvolare i coni delle tuie
svettanti verde pallido nel cielo.

Grazie per il firmamento
cosi profondo talvolta
che il naso si perde nel buio
il collo cede all’indietro e gli occhi
impazziti a inseguire il luccicore
a loro volta luccicano
ubriachi d’infinità e desideri.

Grazie per la pioggia
che profuma di fine estate
e bagna la terra stanca di sole
le piante secche allo stremo
per il suo delizioso picchiettare
come un canto che chiama
le gemme nuove di ulivi e viti redivivi.

Grazie per la terra nera
marrone gialla d’argilla
per la sua potenza fecondatrice
il misterioso minerale nutrimento
il seme che erompe le bestie tutte
la forza della trazione il vento
che soffia sui campi di spighe e il mare
grazie brezza di increspare
onde leggere e trasparenti
su un fondo di sabbia fine
con riverberi granchietti conchiglie
e piedi grassottelli di bambini
che ridono al solletico dell’acqua
fresca tra le dita
sapendo che è tutta lì
la felicità.

Una volta che hai dato

Una volta che hai dato
una faccia alle cose
loro ti guardano inanimate
interrogano te il tuo sguardo
fin dove sai spingerlo introiettarlo
e ti scippano l’anima come gli uomini
impietose non meno di quelli
solo che non ti possono fare del male
semplicemente ti specchi.

Dentro di me un romanzo

Dentro di me un romanzo
dalla nascita brulicante di cortili
alle gebbie d’acqua fredda e anguille
sperdute tra rovi cicale e frinire
oltre le cancellate in cima alle scale
nei posti della memoria
dimenticati dalla storia spariti dalla terra
arati dalle ruspe al suolo
che compaiono solamente
in flash incerti dei ricordi
quasi fossero dei sogni.

In un altro capitolo il presente
arroccato a qualcosa che si sgretola
mentre avanza il tempo inesorabile
senza fretta con la calma sicurezza
di chi non ha precisi appuntamenti
dagli ostacoli si vede
che franano i punti fermi
gli stessi che sul foglio con la penna
erano uniti in progressione
in forme di una certa consistenza
a cui appuntare piedi medaglie o certezze
d’essere un preciso essere
un puntino esatto sulla terra.

Adesso il finale ad effetto
sui palmi le stimmate rosse
nel costato lo squarcio incrostato
dell’eremita.

Mi sveglio presto

Mi sveglio presto col colpo in canna
vorrei sparare entusiasmo e invece
ho solo tante cose da fare
appena mi siedo scrivo qualcosa
mi viene in mente la prima frase
come un riflesso condizionato
il resto viene come viene
come un ospedale.

È che ancora non ho aperto
la mia camera dei segreti
mi muovo sempre dentro
quella delle necessità.

Tutta l’acqua che scorre

Tutta l’acqua che scorre
tra me e la terra che fa madre
il suolo di alberi fiori uccelli
tutta l’acqua non basta
per l’invaso l’azzurro l’onda.

E sebbene mi attraversi
e alla natura colleghi
il mio essere al mondo
nei rivoli del mondo
si disperde e nelle gocce
che il cielo accoglie
essendo l’essere stesso
il corpo interposto
l’ostacolo all’immersione
al passaggio nella dimensione
dove il luogo fluttuante
è di particelle e tutti gli atomi
vibrano la stessa musica
cantando con le boccucce
rosa da coro d’ angeli
la stessa canzone.

E’ per questa resistenza che
ancora cerco e non appartengo
per essa diffido e allatto
ironica il fiato invisibile
del pathos.

Sedersi poi

Sedersi poi
e scrivere l’abbrivio come nave
in mare spenta di motori.

Scrivere l’essenza 
fin dove duole l’incavo l’incerto
e in nodi s’arresta il respiro.

C’è nell’osso esposto
un sacrario sepolto
la perfezione.

Io scrivo poco

Io scrivo poco
e quel poco che scrivo
è inutile.

Mi guarda come se avesse
una vita nascosta
patetica quanto basta
a rendersi insopportabile
con poche rime
per non essere accattivante
quando non lezioso
di assonanze
duro di stacchi sul mondo
cuori repressi e struggimenti
segreto gentile ostile
non meno che selvaggiamente
esposto.

Resta così spurio e solingo
al centro del luogo
sparito.

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