Il sacrificio di Fukushima

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Il sacrificio di Fukushima

di Marco Rovelli

Connesso di continuo in questi giorni, a seguire gli sviluppi del disastro giapponese. I sensi all’erta, il pericolo che ci minaccia. Una nube, ancora. Una nube che sfugge, inafferrabile, senza riguardo per frontiere e religioni. Incarnazione tangibile (nella sua intangibile numinosità) dell’essenza perversa del capitalismo globale. Poi, nel cuore del disastro, la vicenda dei cinquanta tecnici della Tepco che hanno scelto volontariamente di restare nella centrale di Fukushima a fronteggiare la catastrofe. Che hanno scelto la morte. 

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Le altre donne

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Esistono anche altre donne. Esiste San Suu Kyi, che dice: «Un’esistenza significativa va al di là della mera gratificazione di necessità materiali. Non tutto si può comprare col denaro, non tutti sono disposti ad essere comprati. Quando penso a un paese più ricco non penso alla ricchezza in denaro, penso alle minori sofferenze per le persone, al rispetto delle leggi, alla sicurezza di ciascuno, all’istruzione incoraggiata e capace di ampliare gli orizzonti. Questo è il sollievo di un popolo».

Osservo le ragazze che entrano ed escono dalla Questura, in questi giorni: portano borse firmate grandi come valige, scarpe di Manolo Blanick, occhiali giganti che costano quanto un appartamento in affitto. È per avere questo che passano le notti travestite da infermiere a fingere di fare iniezioni e farsele fare da un vecchio miliardario ossessionato dalla sua virilità. E’ perché pensano che avere fortuna sia questo: una valigia di Luis Vuitton al braccio e un autista come Lele Mora. Lo pensano perché questo hanno visto e sentito, questo propone l’esempio al potere, la sua tv e le sue leader, le politiche fatte eleggere per le loro doti di maitresse, le starlette televisive che diventano titolari di ministeri.
Ancora una volta, il baratro non è politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. L’assenza di un’alternativa altrettanto convincente. E’ questo il danno prodotto dal quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello. continua a leggere
 

L'incontinenza morale

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L’ITALIA DELLE PULSIONI – Intervista a Giuseppe De Rita

(L’intervista di Paolo Conti al noto sociologo è comparsa sul Corriere della Sera del 13-10-2010)

«Guardi, forse un anziano signore come me, ormai approdato ai 78 anni, può fidarsi dell’ autoregolamentazione etica, di un timone morale soggettivo… perché c’ è l’ esperienza di vita, la conoscenza che si accumula, l’ età che ti aiuta a non farti trascinare chissà dove. Ma se sei un ragazzino privo di norme interiori consolidate, allora veramente può succedere che tenti di ammazzare qualcuno con un pugno per una banale discussione mentre sei in fila alla biglietteria della metropolitana…». Giuseppe De Rita è un termometro ambulante della salute sociale italiana. Da più di quarant’ anni non fa che misurarla a colpi di rapporti Censis, seguendo giorno dopo giorno piccoli cambiamenti puntualmente destinati a lievitare in fenomeni di massa. Da tempo il sociologo avverte: guardate, stiamo vivendo la stagione più acuta del soggettivismo etico, tutti giudicano le proprie azioni e adottano decisioni morali in base a un criterio assolutamente personale. continua a leggere

Seguito Tinypic

Oggi sulla home di tinypic c'è un messagio di scuse e chiarimento.
 

We heard from many of our users in regards to these changes and we appreciate your feedback. Tinypic has restored linking to your images and enabled uploading. Please rest assured no content was removed from the site. We tried to notify users on Tinypic and requested they move their content to Photobucket. Unfortunately this messaging was insufficient and has taken many of our users by surprise and we apologize. Our intent was to begin combining some of the best features of Tinypic and Photobucket, thereby offering users a better experience. Any changes in the future will be better communicated. Once again, we apologize for the inconvenience.

L'esperienza dà il senso di precarietà d'ogni cosa.

Grazie a Tinypic

Tinypic ha improvvisamente interrotto il servizio free di hosting per immagini. Grazie a Tinypic il template di questo mio blog è praticamente rovinato (era illegibile, ma ho rimediato con un fondo nero) perdute sono centinaia di mie foto e elaborazioni digitali disseminate nel web. Anni e anni di lavoro.
Se qualcuno ha idea di come rimediare, protestare…

Un io in frantumi

testata

Quale futuro per la nostra identità?
Giorgio Fontana

Un io in frantumi

David Hume, trecento anni fa, proponeva di ridurre l’io a un fascio di sensazioni. Non c’è un’unità di fondo, l’anima è un concetto superfluo, tutto ciò che resta è quanto percepito.
Un’immagine che sembra particolarmente azzeccata per descrivere la giornata di un giornalista, di uno studente e anche di un impiegato dei nostri giorni: praticamente di chiunque.
Mentre scrivo quest’articolo, faccio refresh sulla pagina di Facebook e sul mio account di posta elettronica ogni due minuti. Mi fermo, mi rendo conto di essere al limite della dipendenza, o forse di averlo già superato. Ma chi non lo fa?
In un articolo uscito su "il manifesto" il 18 giugno scorso, Marco Mancassola analizza con cura diversi aspetti della questione. In particolare si sofferma sulla CPA — la Continuous Partial Attention di cui parla Linda Stone, ex manager di Apple. continua a leggere

Eterna presenza

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18 giugno 2010

IN FUGA DALLA RETE. Gli ambigui vantaggi dell’eterna presenza

[un mio articolo comparso su Il Manifesto del 18 giugno 2010]

“C’è da dubitare che uno scrittore con una connessione internet al suo posto di lavoro stia scrivendo un buon libro.” Quando poche settimane fa il quotidiano The Guardian chiese ad alcuni scrittori di fama internazionale di compilare un decalogo con i loro consigli di scrittura, il romanziere americano Jonathan Franzen inserì nel suo decalogo questa norma a difesa della concentrazione. Qualunque scrittore sa quanto sia strategica la battaglia per la concentrazione e in questa battaglia, semplicemente, la rete sta dalla parte del nemico. La rete è informazione, certo, possibilità di eseguire in breve tempo ricerche, di recuperare dati o anche solo di consultare un dizionario online. Ma la rete è soprattutto distrazione. Finestre di chat che sbocciano sullo schermo come fiori di una pianta carnivora, raffiche di email che interrompono il lavoro. Un problema che non solo gli scrittori conoscono bene.
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Vento d'Africa

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Da Castel Volturno a Rosarno: il vento indignato di mamma Africa

di Biagio Simonetta

Sono disposti a tutto. Lavorano anche sedici ore al giorno, perdendosi nelle ombre degli agrumeti, dove gli alberi sembrano non finire mai. Nella Piana di Rosarno (Rc), la terra delle famiglie Pesce-Bellocco, gli africani non si contano più. Sono oltre mille quelli regolari. Ma nei capannoni in disuso alle porte di San Ferdinando (Rc) ne alloggiano almeno tre volte tanto, in condizioni che di umano non hanno niente. continua a leggere

 

 

 

 

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