Questo non è

Questo non è
un giorno più difficile degli altri
questa non è una strada più lunga

questo è il giorno
questa è la strada
e così i fiori sono il fiore
e c’è una sola notte
una sola guerra

la molteplicità è un inganno
e così le forme, i messaggi
c’è unità, unità assoluta
nel mosaico vociante
della morte.

(Giacomo Leronni)

poesia tratta dal sito Imperfetta Ellisse qui

Nel pomeriggio

Nel pomeriggio
tornando a casa da lavoro
ho visto una coppia
far la spesa
lei aveva una gonna fantasia di fiori
rosso scuro
lui una maglia marrone
a scollo tondo
spingevano ciascuno un carrello
di metallo
di quelli che si sganciano con l’euro.

I carrelli erano entrambi pieni
nel primo c’era una scatola ripiegata
grande e bianca
nell’altro il cartone vuoto delle uova
un piumino ancora in confezione
e varie altre cose che non ho capito
perché passavo veloce con la macchina
e guardavo con la coda dell’occhio
lei che si attardava indietro
a rovistare
lui che più avanti si dirigeva
al cassonetto successivo .

I giorni peggiori

I giorni peggiori sono quelli (come oggi)
in cui qualcuno mi parla d’altre cose
diverse da quelle interessanti
ed io per buona grazia
mi costringo all’attenzione
allora con grande sforzo
riagguanto lo spirito vagante
come se fosse un palloncino
lo tiro giù col filo
costringendolo al presente
lo strattono verso il basso
gli impongo la terra
anziché il cielo

Grigia sono e satura di polvere

Grigia sono e satura di polvere
inutile che lo sguardo fugga altrove
inutile che io legga o veda nuove cose
nulla passa oltre le nausea
nulla che sparigli questa nebbia
la diradi la disperda.

Sull’altare-rogo resiste la parola
apre e chiude questa bocca
che sfarfalla come un pesce
quando estratto con l’amo dalle acque
nell’aria si contorce
senza per questo convertire gli elementi
o distrarre l’amo dal suo corpo
piuttosto alimentando la tinozza
tra le squame conficcando
più a fondo
il grande caos.

Ho trovato una foglia

Ho trovato una foglia bellissima
anzi il vento me l’ha portata
era secca a forma di cuore
io l’ho presa nella mano
ma non l’ho stretta
l’ho tenuta con delicatezza
non volevo che si sbriciolasse.

Nel palmo l’ho osservata attentamente
per quanto potessi
con le borse pesanti da portare
alla luce della luna era color tortora e d’argento
ramificata di mille venature
appena posso la fermo in un’immagine di sole
appena posso ne celebro l’incanto.

C’è chi non crede

C’è chi non crede allo spirito

né che esista un’anima

io invece all’uno e l’altra solamente

che altro non esiste di buono sulla terra

non il corpo che disegna progetti

non le mani che intrecciano interessi

o le dita che indicano fini

né gli arti superiori che tagliano l’aria

o le gambre che tracciano la strada

e nemmeno la folla che si ammassa a parlare

fino a contorcere il volere

con la stupidità del nulla

o peggio ancora si dirige al male.

Per tre volte

Per tre volte ha dentro la radice o la parola morte
il mantra estivo che sorge dalla bocca
al ghibli impietoso che soffia caldo asciutto
il sole fa violenza coi suoi raggi sulle cose esposte della terra
quelle vive stimano i margini di sopravvivenza
le carcasse invece senza esalare si fanno cosa secca.

C’è un’aria intorno ch’ è deserto vivo
come il respiro caldo del tuo corpo
la pelle abbacinata al morso dei raggi
riarso il bianco dentro gli occhi
appena poche ore è la risposta
oltre non c’è speranza
la natura è torrida di sete
torna il refrain del principio
un fuoco senza pena purifica e uccide

Ricordamelo che siamo qui

Ricordamelo che siamo qui
che qui si dimentica che si muore
ricordami di te
di quel che scrivi
una cosa inutile dopo l’altra
quasi un morire interiore
se puoi preferisci di tacere
anzi se puoi taci
anzi ossequia il silenzio
ch’è dio salvatore
venerati siano sempre
dimenticanza e silenzio
dai quali germina la morte.

Che cos’è l’arte? Lev Tolstoj

tratto da qui

Il Tolstoj saggista, si sa, non va preso sul serio, soprattutto quando scrive di letteratura. È irricevibile. Il settantenne che nel 1897 dà alle stampe Che cos’è l’arte? assomiglia al suo Chadži-Murat, il guerrigliero ceceno che, sapendo di aver perso la battaglia, spara fino all’ultima pallottola. Sceglie i suoi bersagli con spietata oculatezza: Dante, Shakespeare, Cervantes, Goethe, Puškin, Baudelaire e decine d’altri, incluso l’autore di Guerra e pace, cadono sotto i colpi della distinzione tra «arte buona» e «arte cattiva». Ora questo bellicoso, e a tratti inconfessabilmente divertito, pamphlet torna in due riedizioni: Donzelli ripropone infatti la versione di F. Frassati (Feltrinelli UE 1978), ancora valida, e Mimesis quella di T. Perlini (Gallone 1997), parziale e infestata di refusi, ma ottimamente introdotta. Perlini inserisce il saggio nell’ancora poco esplorata traiettoria dell’«altro Tolstoj» (l’espressione è di P. C. Bori): un Tolstoj a cui «l’arte non basta più» e dedica i suoi ultimi trent’anni a elaborare una «religione universale» che concili il suo razionalismo illuminista con un cristianesimo radicale. continua a leggere

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