il caldo scioglie la resina, l’asfalto, la granita nel bicchiere. lo schermo tenta inutilmente la frescura. filtra un chiarore implacabile che risolleva il giorno. da ieri risento le cicale. è il suono che rigenera l’estate. spaccando la terra. la sua inestinta arsura.
mia massacrata terra. riarsa al solleone. ardente di radiche e vendette. crudele madre massacrata. di crepe e di purezza. bianche le rocce a sconfiggere le nuvole. un ammasso sferico di bolle. candide e imprendibili. il nulla che si specchia negli occhi della mantide.
poi c’è il terzo passo. quello che afferra la distanza. che dal tempo del passaggio rivendica lo stretto. e non è l’acqua. non è l’aria. non i campi non la macchia. non il vento del mediterraneo. ma è qualcosa che prende nel respiro. limpido su un’isola. e lo fa grande azzurro vivo.
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