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Ora pro nobi(s) da sfogliare
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Per sfogliare "Ora pro nobi(s)" cliccarvi sopra, nella finestra che si apre cliccare di nuovo per ingrandire e poi usare la freccetta > della tastiera per andare avanti. Per chiudere la finestra usare il simbolo X in alto a destra della pagina.
Silloge da sfogliare
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Ho scoperto questa bellissima applicazione http://issuu.com/ che serve visualizzare come un libro i file pdf. L’ho sperimentata sulla mia prima raccolta "Silloge minima" Per sfogliare "Silloge minima" cliccarvi sopra, nella finestra che si apre cliccare di nuovo per ingrandire e poi usare la freccetta > della tastiera per andare avanti. Per chiudere la finestra usare il simbolo X in alto a destra della pagina.
Ora pro nomi(s)
Pubblico la mia terza raccolta visual poetica in formato pdf autoprodotta. S’intitola “Ora pro nomi(s)”. Il titolo trae ragione formale dal fatto che ognuno dei 6 scritti in prosa poetica che la compongono ha inizio con uno dei pronomi personali della lingua italiana: io, tu, noi, egli, noi, voi, essi, ma non posso negare un chiaro e pertinente riferimento all’invocazione religiosa “ora pro nobis” rivolta alla Madonna e ai Santi nelle litanie del rosario. I testi della raccolta sono “uno squarcio sul presente”, le immagini un commento ai testi (o viceversa i testi sono un commento alle immagini) e nel contempo un omaggio alla città in cui vivo.
http://issuu.com/loredanasemantica/docs/ora_pro_nomis
I limiti dell'arte
tratto da qui
di Massimo Rizzante
Nessuno scrittore al mondo che non abbia compiuto almeno settantacinque anni può rivendicare oggi un grammo di autorità spirituale e letteraria. Perché? Perché il peso della gerarchia è diventato insostenibile. E che cosa resta dell’arte, una volta scomparse le gerarchie? L’anarchia di un potere illimitato e senza appello. Ciò che caratterizza, infatti, i sudditi del paese di Literaturistan è il loro affrancamento da ogni autorità e il loro sacrosanto diritto alla letteratura. Di conseguenza, ciascuno scorazza nelle verdi praterie della propria differenza.
I limiti dell’arte
Definire i contorni delle parole è diventato un compito difficile, soprattutto da quando i gerghi hanno invaso ogni campo, confondendo le frontiere delle arti e in particolare dell’arte letteraria.
Parole come contaminazione, riscrittura, riuso, intertestualità hanno fatto il giro del mondo in bocca a critici raffinati, precipitando poi nei manuali, per diventare, infine, luoghi comuni nelle tesi degli studenti più scaltri.
Danilo Kiš diceva che la letteratura dovrebbe essere «l’ultimo bastione del buon senso». Che cos’è, si chiedeva, un sonetto d’amore se non «un isolotto sul quale possiamo posare il piede» in mezzo alla palude dei gerghi? continua a leggere
Tema svolto: l'aborto
Ho scritto questo tema per aiutare nei compiti mio figlio, lui però non ne ha voluto far uso. Notando che spesso i ragazzi utilizzano internet per i loro studi lo metto qui a disposizione, sperando possa servire a qualcuno per spunto o confronto, occasione di riflessione.
Lo archivio nella categoria “fuori tema”, perché estraneo alle finalità, al filo conduttore di questo blog.
L’aborto
L’aborto è da sempre una piaga sociale che coinvolge profondamente la psiche e il corpo della donna, le sue scelte di vita, investendo con pienezza una sfera delicata che è quella della coscienza individuale e sessuale nel rapporto con l’origine della vita, mettendo in discussione il valore e le ragioni delle sue scelte più intime e difficili.
L’aborto nella sua accezione terminologica consiste nell’interruzione della gravidanza prima che il feto sia in grado di condurre vita autonoma. Intendendo con ciò semplicemente l’atto di respirare. E’ di tutta evidenza infatti che un essere umano non può condurre vita autonoma se non fino a quando sia in grado di procacciarsi il cibo da solo, né più né meno di qualunque altro mammifero.
L’interruzione della gravidanza può avvenire spontaneamente quando non vi siano le condizioni naturali per condurre a termine la gestazione, per patologie/anomalie incompatibili con la sua prosecuzione inerenti la madre o il feto oppure l’aborto può essere provocato.
Quello volontario è praticato con interventi sul corpo della donna diretti a produrre l’espulsione dell’embrione. Embrione è il prodotto del concepimento nel prime otto/dieci settimane di gestazione. Successivamente l’embrione viene definito feto.
La distinzione tra embrione e feto non è secondaria, potrebbe essere considerata una sorta di spartiacque tra la speranza di vita e la vita in essere. Continua a leggere “Tema svolto: l'aborto”
La primavera e la poesia
Oggi 21 marzo 2010 è primavera ed è anche la giornata mondiale della poesia.
Essi seminano impossibile
L’ irrealtà dei senza. Senza buio, senza male. Soprattutto senza. Il fondo amaro che reclama ineluttabile. L’esodo residuo. L’esilio complessivo dell’assente. Una vacuità abissale.
Qualcosa resta tuttavia. Profuma di leggero. Insiste nonostante. Regge la tensione oltre misura. La tenacia di un filo sottilissimo. Sostiene indefinibile. Come appeso al vero resistente. All’albero d’amianto. Capovolto alle radici. Penetrando interno. Pietra roccia scoglio. Tutto spaccando. Infiltrato ago in fondo. Il fulcro che la leva alza. Nella zolla e rompe. I piani verticali, le pareti in ghiaccio, le montagne immobili, l’iceberg durissimo dell’ergo. Come impatto eroico del sempre. Come impianto che resiste all’orlo. Nello sfascio dei cunicoli. Innesto al gancio d’imperdibile.
The lady of Shalott
La leggenda della Dama di Shalott, già ripresa e narrata dal poema di Alfred Tennyson, è stata interpretata da Loreena Meckennit nella canzone che è colonna sonora di questo caleidoscopico video.
Molte sono le versioni fiorite a raccontare questa misteriosa leggenda, tra le altre l’interpretazione che essa sia la metafora dello scrittore che vive nel mondo che esso stesso s’inventa scrivendo, incapace di vivere quello reale.
Con miei versi.
The lady of Shalott
Nella torre di Shalott tra i fili
intrecci di uccelli la lana
l’erba tra rami alla tela
le mani veloci e leggere
la dama tesseva le stelle
di luna i capelli e la pelle
l’immenso acceso a colori
i nodi al tessuto dei fiori.
Lei guardava talora distratta
dal lato diverso da Camelot
il mondo fluttuante allo specchio
la siepe le sagome in ombra
i barbagli radianti di luce
le spalle voltate alla reggia
cantava la dama di Shalott.
Madre che mi lasciasti
padre da tempo perduto
il mistero stregato è nel cerchio
una rosa di male oscuro.
Ma un giovane bello cavalca
i riccioli neri lo scudo
nel sole brillante il riflesso
la fata depose la tela
sporgendosi verso lo specchio
l’incanto la prende d’attesa
sgomento alla gola proteso
volle in quel giorno tremante
voltarsi alla vista dell’oltre
la mente rapita dagli occhi.
Un grido echeggiò nello specchio
la tela sopraffatta si ruppe
di schianto maledetto lo strappo
incantesimo infranto divelto
lei sente la vita che esce
strisciando ai polsi dal petto
raggiunge a tre passi la barca
e lascia la sponda di Shalott.
Madre che mi lasciasti
padre da tempo perduto
il mistero stregato è nel cerchio
una rosa di male oscuro.
Scivola lenta la barca
lenta come lenta è nell’acqua
la goccia che spreme il respiro
il sangue che a freddo si stacca
giunge la dama alla reggia
nel soffio di gelo la barca
il corpo delicato nel bianco
le vesti la candida mano
dissero bella la dama
impauriti segnandosi in croce
bello il suo viso composto
nel velo mistero d’eterno.