Vigilia

Un post limpido che profuma di buono, tra i più belli che abbia letto in questi ultimi tempi e in calce al post una bellissima poesia che comincia così:

Dire le ore
che passano, sempre
di più assomiglia ad uscire
di casa quando ancora è buio, ancora
tutti dormono, sentire

l’intero post e poesia qui

La testa ad altro di Marina Cvetaeva

La testa ad altro – diverso

e mai trovato, come un tesoro –

decapitavo passo dopo passo

tutto il giardino.

Farà lo stesso la morte:

distratta, sui bordi di un campo, d’estate

staccherà la mia testa

sul suo cammino.

Marina Cvetaeva, poetessa, nata a Mosca nel 1892, morta suicida a Elabuga nel 1941

Di stelle e buchi neri

stralcio di stralcio da qui

Gli scrittori e le stelle
Antonio Moresco

….gli scrittori, certi scrittori soprattutto, funzionano come le stelle. Se noi parliamo di dolore, della presenza del dolore e del veleno che c’è nella loro opera, e vogliamo dare a questa definizione il significato della combustione rapida, della concentrazione, del rimpicciolimento esplosivo e centripeto a cui si contrappone il contromovimento di ribellione e di invenzione centrifuga che trascende il dolore, allora vediamo che funzionano esattamente come le stelle.continua a leggere

E' Natale

Seguendo questo link, una splendida carrellata di Natività artistiche, tra le quali questa "Adorazione" di fra Bartolomeo.

Buon Natale

Una coperta

Se tu potessi

se tu darmi potessi

una coperta

blu e oro una coperta

come un disegno arabesco

un tappeto sul muro

un arazzo blu e oro

un affresco di chiodi

appeso al cielo.


Io con esso coprirei

la mia faccia

le spalle sul ventre

la bocca vistosa alla vista nascosta

nelle mani affonderei le mie braccia

le ginocchia piegherei a portafoglio

accucciando le orecchie sugli occhi.

Se tu mi dicessi

vieni

verrei strisciando frammenti

con la lingua di fuori

sottomessa nel pelo

porgendo umilmente

la zampa.

Innesco

Cominciò come un gioco senza fuoco a marchiare. Non l’ustione ma la pagina bianca, i colori, la macchia. L’inchiostro che sporca. Verginità della bocca sbandierata e perduta. Gorgogliare sommesso di melma che assale. Cominciò così l’apnea radicale, le mani avvinghiate alle sponde. Le labbra di sale. Senza pietà la condanna  o speranza o controllo o salvezza del dopo. Senza un fiore d’incanto o  parola gentile.

I vermi striscianti ricoprirono i lombi arrotando coltelli vivevano a fianco, porte chiuse serrate a covare bisogni. Mostri infami insaccavano sabbia seppellivano grazia. Nei crateri sozzure. I vigliacchi a sputare. Sopra i colpi la fiera. Con le zanne affondare. Trenta centimetri al  cuore. Rosso dritto violento crocifisso di sole.

La coperta aveva soffici piume. Era un covo di pace. Fantasia floreale. Una tana condivisa animale. Immobile il fiato di morte. Batteva le nocche. I lembi frastagliati del nulla. Occhi chiusi sul bianco e le nuvole fuori. All’interno del vetro c’era il blocco del pianto. Tutto fermo e stravolto al confine del mare. Nel ventre ipotetico ansimava l’intento. Congiuntivo presente: se sia meglio morire o respirare profondo. Un assolo magnifico senza darlo a vedere.

Non esiste l’immenso, non risponde al chiamare e nel gelo dell’oltre abolisce il rumore. Si collassa inumano di silenzio perfetto. Piovevano gli angeli infine tra pareti di amianto, soffiavano lamine e vento, mormoravano mute preghiere.

Era un tempo insensato, prima dato e crollato, dopo ammesso e poi addosso. Coi forconi la folla, con la neve la luce. Immacolato splendore. Forse assurdo che uccide. Coltellate a ridosso e nel limbo candore. Ogni coltre che scende infinitamente ricopre. Dentro il seme il lenzuolo. Una sindone eppure non è detto che il corpo inumato sopravviva a parole.

 

Gli alberi di Franco Fortini

Gli alberi sembrano identici
che vedo dalla finestra
Ma non è vero. Uno grandissimo
si spezzò e ora non ricordiamo
più che grande parete verde era.
Altri hanno un male.
La terra non respira abbastanza.
Le siepi fanno appena in tempo
a metter fuori foglie nuove
che agosto le strozza di polvere
e ottobre di fumo.
La storia del giardino e della città
non interessa. Non abbiamo tempo
per disegnare le foglie e gli insetti
o sedere alla luce candida
lunghe ore a lavorare.
Gli alberi sembrano tutti identici,
la specie pare fedele.
E sono invece portati via
molto lontano. Nemmeno un grido,
nemmeno un sibilo ne arriva.
Non è il caso di disperarsene,
figlia mia, ma di saperlo
mentre insieme guardiamo gli alberi
e tu impari chi è tuo padre.


Franco Fortini
, poeta, critico letterarlo, saggista, nato a Firenze nel 1917, morto a Milano nel 1994

Simone Weil "Dire io è mentire"

tratto da qui

Posted by carlogrande on December 8, 2009

Era un’intellettuale, una mistica, una poetessa. Una donna sensibilissima, a tutto tondo, nemica del culto della forza, proprio negli anni violenti della seconda guerra mondiale. Era una “pasionaria” animata da una fede assai concreta, una persona onesta che scriveva benissimo, perché si sforzava di pensare bene. Si mescolava alla gente, cercava di restare umile. Innamorata della Croce, diceva, ma di quella del buon ladrone.
Non voglio che finisca l’anno – nel 2009 ricorre il centenario della sua nascita – senza parlare di Simone Weil: ne abbiamo letto molto poco, su quotidiani e periodici – figuriamoci in tv – quindi cerco di mettere in ordine qualche idea, soprattutto per me stesso. continua a leggere

Iceberg

Uno sguardo oltre la neve

si sfoglia volteggiando

il vertice più alto della quiete.

 

Oh cielo duro e ghiaccio

oh ghiaccio lancinante

oh puro cielo innato

rosso cielo dove

crampi sono gli occhi

iceberg stupefatti

ettolitri di luce

accesi nella notte.

Versi colare

22 luglio 2009

In paralisi il trapasso

è come respirare

trentacinque gradi  e oltre

caldo nella notte. 

C’è una distanza inesplicabile

un’agonia del corpo

l’impalpabile presenza

trenta chilometri di strada

freddo

indescrivibile di febbre.

C’è un filo forse o forse un urlo

una linea sottilissima di gelo

l’abisso addossato alla finestra

che non era neanche l’alba

e non bastavano coperte

ad arginare la materia

la sostanza irreparabile

del buio.

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