Accade che sia turbine
mai detto di parole
impasto di pasta maneggiato
per fame ingoiato in un boccone
sillabe sfreccianti a segmenti
scorte di fretta sopra il foglio
con la coda rapida dell’occhio
frastagliate di zig zag sull’orlo
sminuzzate a tocchetti come tozzi
di pane sbriciolate
molliche beccate dai colombi
a metà ingurgitate
imperfette scombinate
mai viste dissepolte innate.
Accade
che rinascano di getto
per pressione in schizzo verticale
dall’acqua ristagnante
esplose
nuove brillanti sfolgoranti
variopinte ricomposte lucide
danzanti
leccate pulite libere ribelli
monde ed immonde risciacquate.
Accade che siano bocca
cerchi volanti di vocali
canti cantanti consonanti
gerundi di suoni e participi
e tutti in gamma a milioni i predicati
che si facciano fragole di bosco
indugino sul bianco delle labbra
tutte bianche di latte e belle
belle le parole belle
e belle anche le altre
quelle a forcipe estratte
in sopra soglia partorendo
l’esilio della lingua
ultimo eterno.
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