Ora che lei ha l’ennesimo viso. L’alba è truce fantasma. Ora il profilo arancione ricama di ombre le autentiche labbra. I chiari, gli scuri, le sfumature. Volesse il cielo altri ponti e spiagge e rami pendenti. Innumerevoli foglie. Frutti vogliosi di succo. Volesse un vorticoso invito. Spietatamente ambito. Limiti ai solchi. Riparare. Ricostruire una lingua. Disturbata dai tiri. Spari sui fiori. Stilettate dirette. Morsi alle gambe. Non c’è riparo lui dice. Nè luce io penso. L’altro risponde un elenco. Non si vive di senza. Eppure insieme si muore. C’è bisogno di canto, d’incanto, di vita c’è il foro d’uscita. C’è una briciola quanto mai maledetta di angusta attenzione. E’ un’offerta di doni la stoffa dipinta. Gli onori la celebrazione. Comprate promesse signori. A chili le attendo da sempre. Sull’orlo dell’uscio. Comprate i miei ori. Le scarpe bucate gli stracci per vesti. Buttate dell’acqua sui cuori, spegnete le braci, le coltri del letto, russate tra i denti i limoni. Aprite la porta. Svegliatevi è l’ora. Ho domato i furori. I demoni arditi hanno lacci sul collo. Piovono insonni manette. Stringono forte la notte. C’è un silenzio mai visto. Un bagliore inaudito. Mongolfiere rapaci. C’è un momento di morte. La paura ora giace stravolta. Adesso risorge. Di striscio sul fianco poi dentro i polmoni. C’è un rumore lontano di buio che incombe. Tra le gocce si contorce la pioggia. C’è una strada perduta, un ricordo sommerso. L’insondabile il fango.
Vedi Giacomo
Vedi Giacomo come tu
restando
nel poligono imperfetto
sordo e (scusa tanto) ottuso
non t’avvedi d’altro dire
non afferri che la mano
è tesa amica.
Vedi che non cerchi
non rispondi nulla senti
niente doni d’attenzione.
Corre il tempo imbalsamando
legami di silenzio tra le sponde.
Dateci
Dateci qualche cosa da distruggere,
una corolla, un angolo di silenzio,
un compagno di fede, un magistrato,
una cabina telefonica,
un giornalista, un rinnegato,
un tifoso dell’altra squadra,
un lampione, un tombino, una panchina.
un intonaco, la gioconda,
un parafango, una pietra tombale.
Dateci qualche cosa da stuprare,
una ragazza timida,
un’aiuola, noi stessi.
Non disprezzateci: siamo araldi e profeti.
dateci qualche cosa che bruci, offenda, tagli, sfondi, sporchi,
Che ci faccia sentire che esistiamo.
dateci un manganello o una Nagant,
dateci una siringa o una Suzuki.
Commiserateci.
Primo Levi, da "Ad ora incerta"
Accade che sia turbine
Accade che sia turbine
mai detto di parole
impasto di pasta maneggiato
per fame ingoiato in un boccone
sillabe sfreccianti a segmenti
scorte di fretta sopra il foglio
con la coda rapida dell’occhio
frastagliate di zig zag sull’orlo
sminuzzate a tocchetti come tozzi
di pane sbriciolate
molliche beccate dai colombi
a metà ingurgitate
imperfette scombinate
mai viste dissepolte innate.
Accade
che rinascano di getto
per pressione in schizzo verticale
dall’acqua ristagnante
esplose
nuove brillanti sfolgoranti
variopinte ricomposte lucide
danzanti
leccate pulite libere ribelli
monde ed immonde risciacquate.
Accade che siano bocca
cerchi volanti di vocali
canti cantanti consonanti
gerundi di suoni e participi
e tutti in gamma a milioni i predicati
che si facciano fragole di bosco
indugino sul bianco delle labbra
tutte bianche di latte e belle
belle le parole belle
e belle anche le altre
quelle a forcipe estratte
in sopra soglia partorendo
l’esilio della lingua
ultimo eterno.
Accade che sia turbine (bozza)
Accade che sia turbine
mai detto di parole
traccianti rapidi nel vuoto
di pasta maneggiato impasto
per fame ingoiato in un boccone
sillabe sfreccianti in segmenti
scorte di fretta sopra il foglio
con la coda rapida dell’occhio
frastagliate di zig zag sull’orlo
sminuzzate a tocchetti
come tozzi di pane sbriciolate
molliche beccate dai colombi
a metà ingurgitate
imperfette scombinate
mai viste dissepolte innate
accade
che rinascano di getto
per pressione in schizzo verticale
dall’acqua ristagnante
esplose
nuove brillanti sfolgoranti
variopinte ricomposte lucide
danzanti
pulite libere ribelli
monde ed immonde risciacquate
accade che siano bocca
cerchi volanti di vocali
canti cantanti consonanti
gerundi di suoni e participi
e tutti in gamma a milioni i predicati
che si facciano fragole di bosco
indugino sul bianco delle labbra
tutte bianche di latte e belle
belle le parole belle
e belle anche le altre
quelle a forcipe estratte dall’eterno
partorendo di crepe
sulla lingua.
Edizioni Neve.
Tra gli altri e molti belli due miei testi qui, su Pigreco, trimestrale di conversazioni poetiche, Edizioni Neve, a cura di Federico Federici.
Solitude
Une parole sans musique |
Solitudine Una parola senza musica una musica senza parole una parola di silenzio un silenzio senza parole. E poi niente veramente più niente. traduzione di Loredana Semantica |
Da “Fuoco centrale” di Mariangela Gualtieri
tratto da qui
Io sono spaccata, io sono nel passato prossimo,
io sono sempre cinque minuti fa,
il mio dire è fallimentare,
io non sono mai tutta, mai tutta, io appartengo
all'essere e non lo so dire, non lo so dire,
io appartengo e non lo so dire, non lo so dire,
io appartengo all'essere, all'essere e non lo so dire
io sono senza aggettivi, io sono senza predicati,
io indebolisco la sintassi, io consumo le parole,
io non ho parole pregnanti, io non ho parole
cangianti, io non ho parole mutevoli,
io non disarticolo, non ho parole perturbanti,
io non ho abbastanza parole, le parole mi si
consumano, io non ho parole che svelino, io non ho
parole che riposino,
io non ho mai parole abbastanza, mai abbastanza
parole, mai abbastanza parole
ho solo parole correnti, ho solo parole serie,
ho solo parole di mercato, ho solo parole
fallimentari, ho solo parole deludenti,
ho solo parole che mi deludono,
le mie parole mi deludono, sempre mi deludono
sempre sempre mi deludono, sempre mi mancano
io non sono mai tutta, mai tutta, io appartengo
all'essere e non lo so dire, non lo so dire, io
appartengo e non lo so dire, non lo so dire,
io appartengo all'essere, all'essere e non lo so dire.
Mariangela Gualtieri, Fuoco Centrale, Bologna, I quaderni del Battello Ebbro, 1995
Quando è fibra
tratto da qui
di Viviana Scarinci
quando è fibra
animale pronunciato
deve essere già accaduto
che sia stata sepolta
in luogo materno
che abbia taciuto arsa
di non sapere lingua
culmine mancante, libertà
La lingua è un cane che azzanna, tu pensi che sia quel morso, l’ultimo che ti ha assestato a dolere ma non è così. E’ come se il cane ti fosse gemello, animale che ti nasce da un morso che appartiene ad un’altra razza e tira per il suo buio. Appendice mostruosa. continua a leggere