Dal WEB – Scritti scelti di letteratura 1

http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=178

Valerio Magrelli

Cantare il mondo: la poesia

Magrelli: Insegno Letteratura Francese all’Università di Pisa, ma oggi sono qui per parlare del mondo, rappresentato attraverso la poesia. Lo faremo cominciando dalla scheda.

 -Si visiona la scheda:

Dal film "L’attimo fuggente": Fermate gli orologi, tagliate i fili del telefono e regalate un osso al cane, affinché non abbai. Faccia silenzio l’orologio, tacciano i risonanti tamburi, che avanzi la bara, che vengano gli amici dolenti. Lasciate che gli aerei volteggino nel cielo e scrivano l’odioso messaggio: lui è morto. Guarnite di crespo il collo bianco dei piccioni e fate che il vigile urbano indossi lunghi guanti neri. Lui era il mio nord, era il mio sud, era l’oriente e l’occidente, i miei giorni di lavoro, i miei giorni di festa, era il mezzodì, la mezzanotte, la mia musica, le mie parole. Credevo che l’amore potesse durare per sempre. Beh, era un’illusione. Offuscate tutte le stelle, perché non le vuole più nessuno. Buttate via la luna, tirate giù il sole, svuotate gli oceani e abbattete gli alberi. Perché da questo momento niente servirà più a niente.

COMMENTATORE: Come molte poesie straordinarie, anche quella di Holden è stata letta da pochi. Certamente meno di quanti al cinema, sentendola recitare si sono commossi fino alle lacrime. Strano destino quello della poesia, costretta ad un’esistenza semiclandestina, quanto non del tutto ignorata, quasi che la poesia in quanto tale, quel linguaggio sofisticato, dove un verso, una parola o una sillaba o la sola scelta della punteggiatura assumono una funzione decisiva, non fosse concepibile come semplice oggetto di consumo. Eppure la fame di poesia esiste. Non molto tempo fa un’indagine della DOXA ha rivelato che almeno un milione e mezzo di italiani ha composto nella sua vita una raccolta di versi. Si tratta, per la maggior parte, di studenti o disoccupati. continua a leggere

Perfetta inezia

Del sempre mancare

fino alla fine

fino a spellare di sangue

nel dolore.

Fiori nel mantecato mazzo

di viole a darle in testa

conto del sesto fallimento

per basso buco esatto

al centro.

Che forza nel furore

sferrando prede e calci

negli occhi bastardi a lacrimare

insetti.

 

Getti proiettano nel cielo

il corpo morto le radici

strappando a perdifiato lingue

mozzate come l’aria.

Senza scampo

nel rigurgito del fondo

di clangore si rivolta

il pentimento.

L’intervista

Ad Angelo

Così imbevuta la domanda

di seriosa compenetranza

alla ricerca del senso poetare

replicando lieve il passo in danza

in grazia di piuma lei s’inchina.

Spiazza per risposta l’ironia grassa

il fumo in sigaretta e due bicchieri

d’alcoolico spaiato.

Dobbiamo ridere ci dice

e nel solletico (s)offriamo

lo scherno della maschera

alternanza di ganci a coniugare

l’amarezza del rigido stirare

i muscoli facciali in cartapesta

al dramma di tragedia antica

per teatro greco a pianto e pietra.

Il poeta dice il mondo

ma in te così frizzante e opposto

a cono per cappello di giullare

si rispecchia rovesciato in dentro

per poesia (s)porta indicibile

occultata al verso interno.

Profilo di massa

Fernando Botero

Con questo breve racconto ho partecipato a “Ottavo Banco” un’iniziativa di RossoVenexiano.

Incominciare è facile. Basta pressare il tasto con un dito e il frullatore gira impazzito. Un frullato di banana e mela per cominciare la giornata. Un uovo fritto, un succo di frutta, un panino col prosciutto, nemmeno il latte deve mancare per le ossa, il calcio e tutto il resto dell’impalcatura. Giorgio rifletteva tra sé mentre preparava la ricca colazione che ogni mattino lo saziava. Quel giorno era cominciato al meglio, aveva in casa ogni cosa buona e fresca,  appena comprata, ma se anche mancava qualcosa s’arrangiava pur di ingurgitare una quantità di cibo a suo modo adeguata. Percepiva sempre una fame fuori misura e questo mangiare senza fondo gli aveva conquistato chili su chili.

Se ancora non era disgustoso alla vista era solo grazie al suo metro e ottantanove d’altezza, lungo il quale in verticale si distribuivano muscoli allenati da decenni di piscina, mentre le spalle irrobustite ed allargate dalle bracciate a nuotare, sviluppavano in orizzontale un’ ampia linea, cosicché l’insieme del corpo più che grasso appariva massiccio, imponente.

Frullava ancora Giorgio e mentre pensava che mai e poi mai sarebbe rimasto senza la sua colazione ideale.

Se non bastava l’uovo c’era la marmellata, qualche fetta biscottata, biscotti secchi, farciti, wafer, salumi vari e brioches, soprattutto le briosches, vera goduria consolatoria. Oggi in programma  una bella sfoglia ripiena di crema al cioccolato, l’avrebbe presa al bar durante i dieci minuti della  pausa dal lavoro.

A casa il cibo non sempre era fresco, ma questo a Giorgio poco importava, doveva mangiare, riempire il vuoto, saturare lo spazio che seguiva il palato, sedare quel buco che rodeva giusto al centro della sagoma del corpo, all’altezza dell’addome, e solo dopo averlo colmato era pronto per cominciare la giornata.

Lavorava presso un’agenzia di viaggi. Era attento e gentile con i clienti, consigliava viaggi esotici alle coppie annoiate, itinerari romantici a quelle appena sposate, poi gite per la scuola, viaggi per single e famiglie. Prenotava per uomini d’affari. Tutto programmato alla perfezione: orari, alloggi, mezzi, coincidenze e visite guidate.  Era in gamba nel lavoro e questo gli conquistava mille amicizie, anche importanti.

Giorgio adorava avere amici. Per essere precisi adorava avere gente attorno, vivere nella confusione, anzi, per essere ancora più precisi, non sopportava la solitudine. Come in quel momento che Marco era in viaggio e Luca era dovuto andare presto al lavoro e in casa regnava il silenzio. I pensieri così si snodavano senza argini, seguendo il filo soffocante delle sue paure. Paura di morire, paura delle malattie, paura del terremoto. Esse venivano fuori proprio quando Giorgio era solo e nessuno riempiva quell’altro vuoto, un risucchio diverso eppure simile a quello insidioso al centro della pancia: il rimbombo del silenzio nello spazio circostante. Giorgio desiderava spasmodicamente che l’ambiente fosse sempre riempito, occupato, saturato da rumori, voci, musica, gente, televisione e soprattutto aria. Solo così non si sentiva mozzare il respiro. La claustrofobia completava  il ventaglio delle sue paure, su tutte infatti dominava il bisogno che l’aria entrasse a irrorare i polmoni, a carezzare con un soffio il viso contratto. Per questo aveva scelto quell’appartamento ampio di luce e finestre spalancate. Un luogo lussuoso e costoso che aveva condiviso con due amici, single anche’essi: Marco e Luca.

Giorgio ancora all’opera col frullatore, infastidito pensò “Basta, qui non resisto più, questo silenzio mi fa impazzire”. Con gesti nervosi versò il frullato nel bicchiere, accese il televisore, ingurgitò il frullato, il panino, l’uovo, il succo e, lasciando l’apparecchio acceso, scappò via al lavoro. Scendendo le scale, naturalmente. Mai preso un ascensore.

Online la biblioteca digitale mondiale

Corriere della Sera.it
MILANO – E’ online da martedì la «World Digital Library» dell’Unesco (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura). Nell’archivio digitale gli internauti possono ammirare da subito, e gratuitamente, tutti i grandi tesori letterari e culturali mondiali conservati nelle più famose biblioteche. Con un occhio a manoscritti, lettere, libri rari, film, Leggi ancora

Egitto, individuata la tomba di Cleopatra

Corriere della Sera.it
CAIRO – Sulla cima di una collina da cui si vede il mare, sotto i resti di un tempio dedicato a Iside: è qui, secondo gli archeologi, che potrebbe riposare il corpo di Cleopatra. La tomba della regina egiziana non è mai stata localizzata, ma gli archeologi hanno raccolto prove che testimonierebbero che i sacerdoti di Cleopatra, dopo il suo suicidio, ne avrebbero trasportato il corpo al tempio, Leggi ancora

Trema

Trema alle ossa e nel boato

trasfigura

il vuoto cieco di paura.

Buco che gambe molli

fiato che corto strema

sfonda  la notte e crolla

di sabbia cade a mucchi

scossa che frana i nervi

e a crepe sventra muri.  

 

Terra del generato indegna

umano impasto oppresso

nel corpo compassione

bianco di calce e dita al braccio

nel luogo rotto abbandonato.

La veglia appresso è muta

di dolore senzatetto

nel sangue lesionato.

 

Bacio di velluto

Un bacio dolce di velluto

arde il sole in gola

e sulle bocca scende

come bere  fresco dalle piume

labbra di morbido cuscino.

Veleggiare d’ugola e di guance

rosa  nei petali celesti

fili che passano nel laccio

a stringa e serra il cuoio

la pelle d’umidore.

Fuso batte il rosso

nel cuore di violino

“La tigre assenza” di Cristina Campo

Ahi che la Tigre,

la tigre Assenza,

o amati,

ha tutto divorato

di questo volto rivolto

a voi! La bocca sola

pura

prega ancora

voi: di pregare ancora

perché la Tigre,

la Tigre Assenza,

o amati,

non divori la bocca

e la preghiera…

Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Guerrini, poetessa, scrittrice e traduttrice, nata a Bologna nel 1923, morta a Roma nel 1977

 

Recensione Federico Bebber Antonella Taravella

Questo a seguire uno stralcio della mia recensione alla mostra fotopoetica di Federico Bebber ed Antonella Taravella pubblicata su rossovenexianofoto. 

La notte ha un ventre molle che partorisce embrioni, ramifica d’angoscia dentro nidi nei quali improvvisi s’insinuano spiragli. Lampi di luce a illuminare abissi, flash di forme e scorci sull’esistenza, sull’intima natura della propria tempra. Da questo momento notturno, da questa angoscia esistenziale spesso nasce l’atto creativo. La notte è nelle mani e nelle immagini di Federico Bebber, l’autore che per “fotoimpasto” di nero assoluto, purissimi bianchi, grigi, sfumature, chiaroscuri, nelle sue creazioni riesce a dare alla notte quella luce che è squarcio tra le tenebre. L’oscurità vivifica, si popola di germi, esseri che danno vita a un mondo fantastico e nascosto. Fiabesco e orrido, meraviglioso e angosciante, bellissimo e incredibile. In questo mondo possiamo camminare solo in punta di piedi, appena respirando, inetti ed estranei, stupefatti, spiando l’arte che si svolge come un filo d’Arianna dipanato da un gomitolo che conduce al mistero, alla stanza segreta, al cuore nero nel covo liquefatto. Bachi rinchiusi negli ovuli setosi di un pensiero creatore. Chilometri di fili che s’involvono e si svolgono fino a scoprire l’essere rinchiuso. Farfalle in potenza. Crisalidi che emergono dal nulla. Parti ed arti, occhi e braccia. Gambe come polpa nuda, rami gonfi tra le viscere del corpo. Utero gravido che laboriosamente espelle forme d’esseri, forse umani, forse elfi o spiriti o fantasmi. Sagome sofferte e sofferenti, strette tra cunicoli ed anfratti, costretti a sfondare o fendere con la stessa materialità del proprio corpo la pressione opposta che li tende. Lembi viscidi e membrane che si affollano a coprirli. La luce è oltre la fatica. Fasci muscolari, squame di serpenti, pelli d’animali, tentacoli a tirare, strati innumerevoli di fango. Mostri oppressi spinti a estrarre dalla viscosità dello spazio scorticato, il proprio viso o parti del corpo maculato, incuneandosi alla vista, emergendo con forza verso lo sguardo. Immortalati nell’istante supremo dello sforzo. Sospesi nell’attimo o sorpresi. D’essere sopravvissuti o semplicemente vivi o ancora una volta nati, partoriti, venuti al mondo. A volte è lo sguardo che s’infiltra, indaga, penetra. Scorge linee morbide e brillanti di cosce, seni o fianchi. Creature ritratte nel luogo del rifugio, nascoste dentro il grembo oscuro che le occulta e le protegge. Segregate al mondo. Nell’umido del buco imbastendo bozzoli sperimentali. Interrotti conati di trasformazione, per speranza o disperazione.A farsi pelle, mucosa, epitelio, foglia d’albero corteccia. Forme vitali in metamorfosi di specie. Da animale a vegetale. Da umana femmina a mollusco. (Im)perfetta infusione di natura che risucchia ogni essere vivente che in essa e con essa, in tutt’uno assorbito, vive e muore, nasce e finisce, metabolizzato, metamorfizzato. Ogni cupo anelito sfuma nell’ansia liberatoria delle immagini offuscate, quelle in cui più forte si sente l’esplosione di un suono che è grido, è raggiungimento, è soglia. Il movimento che sfoca agli estremi e dentro i particolari, il bianco che splende ed abbaglia, ne fanno potenza divincolata dai lacci, volo e speranza. Si accentua invece il senso di tristezza, di solitudine nella fissità di certi sguardi femminili vuoti, persi in ferite inferte che grondano lacrime ed eritemi. Un continuo e doloroso divenire, l’armonia anelata di una tela di ragno, per devianza di disegno distrutta da un colpo d’artiglio, sfilacciata e confusa. Resti di sogni in porzioni e segmenti. Illuminazioni. Filamenti ostruttivi per avvolgersi a spirale, magma anfibio primordiale da cui emergere a tratti recando il segno dell’abisso tra mani. La notte a raccontare l’ansia dei respiri cessati, del tempo scorsoio, il sangue di ferite innominabili e l’implacabile fine dei cipressi. Un mondo affine quello a cui Morfea77 dà parola. Lingua maledetta. Neve che brucia è Antonella Taravella. Oscurità che splende di contraddizioni. Stille di sangue e baci di fuoco. Gelo d’incendio, inferno di labbra. E poi ancora aghi e chicchi, vetri e tagli, buchi e chiodi, vertigini in gola. Un lessico ricco e fremente, invenzioni originali di costruzioni verbali, potenza, drammaticità. La sua voce in poesia è come un archetto che tende le corde di un violino e ne trae suoni cupi ed intensi. Pervasi d’amore viscerale che, nelle stesse viscere delle figure immaginate da Federico Bebber, si specchia e risuona. Antonella commenta ogni immagine proposta in questa mostra con testi poetici di sua produzione. Un connubio che emoziona. Artisti che restano impressi per piacevolezza del leggere e del vedere che sanno offrire. Un’espressività, quella di entrambi questi autori, da coltivare, osservare, seguire per godimento di hi ama l’arte e ha entusiasmo di incontrare talenti dai quali attendersi sempre nuova linfa creativa e vitale. 

Terremoto in Abruzzo: oltre 150 morti. I feriti sono 1.500, 100 mila gli sfollati

L’AQUILA – Sono più di centocinquanta i morti e oltre un centinaio i dispersi causati dal terremoto che nella notte ha colpito l’Abruzzo. È l’ultimo aggiornamento del bilancio diffuso sulla base di quanto risulta da fonti ospedaliere. Anche la Protezione civile, che in un crescendo durato tutta la giornata ha dovuto via via ritoccare quello che assomiglia sempre di più a un bollettino di Leggi ancora

Incolto palpito

Per i palpiti tu eri

spregiudicata femmina virale

vogliosa di saliva e baci

bocca eri per condire pezzi

a fragole e sciroppo.

Una pelle di giovane velluto

un gusto fresco di salmastro

sodo al tatto

elastico di zucchero e limone

agro il succo nel recesso più segreto

dove per sbilanciamento cieco

convergeva incolto l’ombelico.

Ma la voce incredibile interiore

è condanna a coniugare

la coerenza al di sopra di ogni dire

e fare e dare ad altri

i sensi nostri i colpi in coda

i sessi vostri rabberciati.

Brucia in petto il cesto

di sabbia rutilante

e dentro gli occhi a forza

si riversa il mare.

Isolamuta

Io non ci sono

e se anche mi vedete qui

le mani alla tastiera

sono altrove

nel buio dell’assenza

nel limbo dove eterno dorme

il giorno mai arrivato.

Io non sono essenza né presenza

non sono mai stata

non esisto adesso e neanche prima

(c’ero )

un dito mi trapassa

il vento mi attraversa

di trasparenza uccisa che mi avvelena il fiato

eterno nulla che sconvolge il vuoto

boccheggiante da milioni di orifizi

distanza accecante di parole.

Non sono invero neanche quelle

sulla carta o supporto digitale

nella stanza sospese o nell’aria circostante

se non nell’intenzione al dire

come polvere nella polvere del niente

a milioni negli anni anche a venire

a frotte a chili a profusione estrema

ad enne volte ancora

ed altre mille

lardo che cola luce  

e negazione.

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Ecco a voi CADIE: una rivoluzione per la vostra vita sul Web

In occasione del primo di aprile, Google ha lanciato una nuova serie di servizi che (forse) vedremo effettivamente online tra qualche decina di anni 

Uno di questi è Google Brain Search, un sistema che utilizza la tecnologia CADIE (Cognitive Autoheuristic Distributed-Intelligence Entity) per indicizzare i contenuti della propria mente permettendo poi di effettuare ricerche tra i propri pensieri. continua a leggere e a sorridere ;)

Io sono verticale di Sylvia Plath

I am vertical

But I would rather be horizontal.
i am not a tree with my root in the soil
sucking up minerals and motherly love
so that each March I may gleam into leaf,
nor am I the beauty of a garden bed
attracting my share of Ahs and spectacularly painted,
unknowing I must soon unpetal.
Compared with me, a tree is immortal
and a flower-head not tall, but more startling,
and I want the one’s longevity and the other’s daring.


Tonight, in the infinitesimal light of the stars,
the trees and flowers have been strewing their cool odors.
i walk among them, but none of them are noticing.
sometimes I think that when I am sleeping
i must most perfectly resemble them–
thoughts gone dim.
it is more natural to me, lying down.
then the sky and I are in open conversation,
and I shall be useful when I lie down finally:
the the trees may touch me for once,

                        and the flowers have time for me.

 

 

Sylvia Plath

 

Io sono verticale

Ma preferirei essere orizzontale

non sono albero con radici nella terra

a succhiare minerali e amore di madre

così da luccicare di foglie ad ogni marzo

né sono bella come un angolo di giardino

che desta meraviglia per splendore di colori

senza sapere che presto sfiorirà.

Al mio confronto un albero è immortale

e la corolla di un fiore meno alta ma più ardita

vorrei del primo la lunga vita dell’altro l’anima viva.

 

Stanotte nella luce infinitesimale delle stelle

i fiori e gli alberi spandono profumi freddi

io li attraverso ma loro non si accorgono di me

a volte penso che mentre dormo

quando i pensieri svaniscono

assomiglio a loro perfettamente.

E’ più naturale per me stare supina

allora io ed i cieli parliamo senza riserve

io sarò utile quando resterò così per sempre

finalmente

gli alberi si piegheranno fino a toccarmi

e i fiori avranno un attimo (solo) per me.

 

Traduzione di Loredana Semantica

 

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