Dice a cenni dopo vieni
e senza esempi viene
il chiodo fisso
l’inazione
a spremere le costole
di torpore insostenibile.
A tratti sporge un ricordo
atrofico di vertebre
occhiaie infantili ad ombreggiare
viola al di sotto delle palpebre
dove per errore cade l’orlo
più a destra del corpo
irraggiungibile
il confine tra le scapole.
Cola verso il basso
l’indifferenza immane
dentro ovuli ostinati
vasche buchi otri
scomposti vuoti a perdere
che scoprono sul ventre
l’assenza
semantica di un nome
almeno ad alzo zero
o quasi senza.
Non si capisce se volevi scrivere “a fette” o se volevi scrivere “affette”. Mi pare che se si fa un blog è perché si ha voglia di farlo, non così tanto perchè non si ga un c da fare e allora si scrive così tanto per scrivere qualcosa ma chi se ne frega.
heilà anonimo 🙂
benvenuto il tuo commento acidulo.
la poesia è in fieri, la sto modificando da due tre giorni, non te ne sei accorto che cambia in continuazione?
il processo, il lavoro di lima è quasi al suo termine, sono quasi soddisfatta del risultato, tuttavia non sempre le poesie nascono così per spremitura di lavoro, perfezionamento mestiere, ricerca del termine a dire esattamente quello che si cerca di dire, a volte sono un getto sorgente di polla sorgiva.
Io queste ultime le adoro.
Grazie comunque per il tuo commento/interessamento che, anche se processa ingiustamente le mie intenzioni, per certi versi mi gratifica.
ossequi vivissimi :))