Tu che non mi hai mai cantato
di nessun parto generoso
e per la frusta hai perso il vento
il nome
il mio scalpello ucciso dalla noia
tu che hai distratto
la penna dalla carta
a stilettate e morsi
calibrati
l’altra che mi dipinge ambigua
di broccato
strega gotica e discinta
io che di mostri ne ho piene le bisacce
stanchi i reni
cervello mani ed interiora
il midollo che geme trenta versi
stremati da rigori siderali
un’altra storia è quella
che la poesia fiorisce dal costato
bianca sulla bocca
che tanto scriverla
non salva.
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